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Questo articolo è stato pubblicato il 05 maggio 2014 alle ore 13:19.

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Le sanzioni pecuniarie applicate dalla Consob nel 2013 sono più che triplicate a quota 32,5 milioni di euro (10 milioni del 2012), raggiungendo il secondo picco più alto dopo quello del 2007 a oltre 40 milioni. I provvedimenti sono invece diminuiti a 142 (183 l'anno precedente), di cui 135 (162 nel 2012) si sono conclusi con l'applicazione di sanzioni.

Nel 2013 sanzioni triplicate a 32,5 milioni
Nella maggior parte dei casi, come emerge dalla relazione Consob per l'anno 2013, si è trattato di abusi di mercato (14 casi contro i 12 del 2012) con 21,6 milioni di euro di sanzioni, rispetto ai 3,9 milioni del 2012. Nei primi quattro mesi del 2014 vi sono stati 73 provvedimenti sanzionatori (per un totale di 76 procedimenti, 3 archiviazioni) per un importo totale di 15,6 milioni di euro. Di questi, 9,9 milioni si riferiscono ad abusi di mercato. Nel dettaglio, la multa a Vincent Bollorè per manipolazione sul titolo Premafin, a Jonella Ligresti e Emanuele Erbetta su Fonsai e al finanziere Alessandro Proto. Sempre in merito agli abusi di mercato, l'autorità sottolinea di aver ricevuto lo scorso anno 231 segnalazioni di operazioni sospette (208 nel 2012), di cui 184 provenienti da soggetti vigilati italiani. Il 58% sono riconducibili all'abuso di informazioni privilegiate.

L'identikit dei board delle quotate
Età media 61 anni, italiano, laureato, per lo più in economia, manager. È questo l'identikit dell'amministratore tipo delle società quotate italiane appartenenti all'indice Ftse Mib, secondo quanto evidenziato dalla relazione Consob per l'anno 2013. Il 97,4% dei consiglieri delle società analizzate (in base alle relazioni di corporate governance dello scorso anno) possiede una laurea - solo il 17,4% un titolo di studio post laurea -, di cui il 52% in economia, il 14,2% in legge, il 13,5% in ingegneria. Il profilo prevalente è quello manageriale (nell'80% dei casi), mentre gli accademici rappresentano il 10,2%, in linea con professionisti/consulenti. Solo il 9,6% dei componenti dei board è di nazionalità estera, percentuale che nel settore dei servizi scende al 6,5%.

Nelle società del Ftse Mib gli amministratori partecipano in media al 93% delle riunioni del cda. Gli amministratori family, ovvero azionisti di controllo o legati a essi per parentela, partecipano più frequentemente alle riunioni rispetto ai non family (rispettivamente 94,2 e 92,6%), mentre tra le donne, le non family si caratterizzano per un tasso medio di partecipazione più elevato (96,2 a fronte del 91,6% di quelle family). Sul fronte quote rosa, a fine 2013 il 17,8% dei componenti degli organi di amministrazione delle quotate è costituito da donne e circa l'83,5% delle società vede entrambi i generi rappresentati. Negli ultimi anni, spiega la Commissione, sono aumentati sia il numero di donne che siedono negli organi di amministrazione (+6%) sia il numero di società in cui entrambi i generi sono rappresentati (+17%). Ciò come conseguenza dell'entrata in vigore, nell'agosto 2012, della legge che ha introdotto le cosiddette quote di genere per la composizione degli organi sociali delle societa' quotate e delle societa' a controllo pubblico.

Per le quotate crescita attesa utili sale al 30% nel 2014
Per la prima volta dall'inizio della crisi del debito sovrano, nei primi mesi del 2014 Italia e Spagna hanno registrato un allineamento del rating ufficiale di Moody's al rating implicito nei rendimenti di titoli di Stato e quotazioni dei Cds (questi ultimi sono tornati sui livelli del 2009). Ciò grazie anche al "progressivo ridimensionamento" nella seconda parte del 2013 del fenomeno del contagio. Il miglioramento della situazione italiana, come mostra la relazione Consob per l'anno 2013, si riflette sulle previsioni degli analisti sugli utili societari: per le societa' italiane incluse nel Ftse Mib, il tasso di crescita degli utili atteso è passato da poco meno del 10% alla fine del 2013 a più del 30% a inizio 2014. Pur avendo registrato qualche lieve segnale di miglioramento però, le maggiori imprese quotate italiane continuano a essere più fragili dei competitor dell'area euro, sia in termini di redditività sia di sostenibilità del debito. Con riferimento alla redditività del primo semestre 2013, circa un terzo del campione italiano evidenzia un risultato netto negativo e circa il 14% un ebit negativo. Per le banche resta alto il rischio di finanziamento: l'ammontare di obbligazioni in scadenza entro il 2014 è pari al 12% del totale dell'ammontare emesso a partire dal 2007, percentuale che per le obbligazioni di società non finanziarie scende al 5%. Nel 2013 le emissioni obbligazionarie delle società non finanziarie sono scese del 10%, quelle degli istituti di credito dell'11%.

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