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Questo articolo è stato pubblicato il 05 maggio 2014 alle ore 16:20.
L'ultima modifica è del 05 maggio 2014 alle ore 16:41.

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Il tema dell'euro forte torna a infiammare il dibattito tra Francia e Germania. Ha iniziato sabato 3 maggio il primo ministro di Parigi, Manuel Valls, secondo il quale l'euro è troppo forte e la Banca centrale europea dovrebbe adottare una politica in grado di deprezzarlo. Da Berlino, il portavoce della Cancelliera Angela Merkel, Steffen Seibert, lunedì 5 maggio ha difeso invece l'indipendenza della Bce ritenendo che i politici debbano tacere su questo tema. Una disputa che ritorna periodicamente e sempre negli stessi termini, fraintendimenti compresi.

Una Bce «come la Fed»
Il primo ministro francese, Manuel Valls, è intevenuto sabato a un convegno di giovani socialisti dicendo che «abbiamo bisogno di una politica monetaria più appropriata, perché l'euro è troppo alto. Abbiamo bisogno di un grande cambiamento che renda la politica monetaria uno strumento per la crescita e la creazione di posti di lavoro, uno strumento che sia utile alla gente». In questo senso, il modello – ha aggiunto Valls – è quello della Fed. Il tema sarà riproposto dai francesi ai partner europei dopo le elezioni europee del 22-25 maggio.

«Non è tema per politici»
La risposta della Germania è arrivata due giorni dopo. Steffen Seibert, portavoce della Cancelliera tedesca Angela Merkel, ha precisato che «il cambio dell'euro non è di competenza dei politici nazionali. È di competenza della Banca centrale europea, che agisce indipendentemente in questo campo e non dovrebbe ricevere consigli su come comportarsi».

Le competenze fraintese
La Bce, in realtà, non si occupa del cambio: il livello dell'euro non è e non può essere un suo obiettivo. È, più che altro, un termometro dell'orientamento di politica monetaria e alcuni economisti argomentano che gli effetti positivi di molte "svalutazioni" sono in realtà gli effetti di una politica monetaria molto espansiva che alimenta l'attività economica e, contemporaneamente, fa deprezzare il cambio. Nella riunione di aprile del board della Bce, con grande sorpresa di tutti, ha però espresso qualche preoccupazione per il cambio forte – e, insieme, per le tensioni geopolitiche generate dal caso ucraino – ma solo perché l'euro così elevato tiene bassi i prezzi e quindi interferisce con il ritorno dell'inflazione verso l'obiettivo del 2%. Nello stesso senso, in passato, nell'autunno 2000, la Bce è intervenuta sul cambio, facendo apprezzare l'euro, perché la forte flessione della moneta comune segnalava un malfunzionamento del mercato che avrebbe potuto interferire con la politica monetaria.

Un ruolo preciso per i politici
La politica valutaria in senso stretto è in realtà affidata proprio ai politici, con l'assistenza tecnica della Banca centrale europea, i quali devono quindi assumersi direttamente la responsabilità di una decisione sui cambi. Secondo l'articolo 219 del Trattato è il Consiglio dell'Unione europea che, su raccomandazione della Bce, o su raccomandazione della Commissione Ue sentito il parere della Bce «può formulare orientamenti generali per la politica valutaria in relazione» alle valute di paesi terzi. «Questi orientamenti generali – precisa il Trattato – non dovranno pregiudicare l'obiettivo primario della Bce di mantenere la stabilità dei prezzi».

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