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Questo articolo è stato pubblicato il 03 giugno 2014 alle ore 10:33.
L'ultima modifica è del 06 giugno 2014 alle ore 19:41.

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LONDR A - «Negli ultimi dieci anni il costo per produrre l'energia è raddoppiato». Fatih Birol, chief economist dell'Aie, l'Agenzia internazionale per l'energia, centra il punto più importante del primo rapporto dell'ente sugli investimenti globali del settore. In altre parole le risorse investite in ricerca, trasformazione e trasporto di energia stanno aumentando con una dinamica esponenziale, tracciando un destino incerto per l'industria.

Nei prossimi vent'anni il trend non cambierà con la previsione di una spesa globale cumulata fino al 2035 che supererà i 40mila miliardi di dollari. «La fetta più consistente di questa enorme torta – precisa Fatih Birol – circa il 60% andrà nel ricambio delle infrastrutture intese come ammodernamento degli impianti. Il restante 40% sarà invece destinato alla produzione energetica vera e propria». Uno scenario che peggiora drammaticamente se si esce dallo quadro globale e si guarda a quello europeo. I Paesi dell'Ue hanno urgente bisogno di costruire impianti nuovi in grado di far fronte agli standard ambientali e alla domanda. Secondo l'Aie, infatti, la quota del 60% che abbiamo visto a livello globale diventa, se limitata alla dimensione europea, più del 70% a conferma del gap fra il Vecchio Continente e il resto del mondo. Il punto più debole riguarda le infrastrutture del sistema elettrico. «Se non si vuole vedere il buio calare sull'Europa – continua Fatih Birol – nei prossimi vent'anni saranno necessari almeno duemila miliardi di dollari in impianti nuovi. Inoltre sarà indispensabile produrre 100 thermal giga watt per rispondere alle esigenze create dai target ambientali».

Il problema è chi metterà tanti denari. Secondo l'Aie le imprese non saranno in grado di farlo a meno che le tariffe wholesale non crescano di almeno il 20% creando un'altra complessa il dinamica: la perdità di competitività dell'Europa verso gli Usa. Già oggi i costi dell'energia in America sono nettamente inferiori rispetto a quelli dell'Ue, un ulteriore aumento avrebbe ripercussioni dolorose sulle industrie dell'Ue. «Per questo toccherà agli Stati –aggiunge Birol – intervenire per evitare che il rincaro determinato dall'esigenza di ammodernare gli impianti ricada sui consumatori. Ma se non si farà il rischio del black out elettrico in Europa sarà una realtà».

Il ruolo degli Stati nella partita energetica è d'altra parte nei numeri dell'industria. Il 50% degli impianti nel mondo è controllato dalla mano pubblica che raddoppia e più la sua influenza quando si guardano le riserve: l'80% sono pubbliche. Un'altra speranza che il rapporto ridimensiona, a dir poco, è quella legata al Gnl in Europa e Asia. I costi di trasporto dagli Usa del gas liquefatto rischiano, infatti, di essere talmente elevati da vanificare ogni speranza di riduzione dei prezzi.

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