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Questo articolo è stato pubblicato il 17 giugno 2014 alle ore 07:09.
L'ultima modifica è del 17 giugno 2014 alle ore 09:20.

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Mutui, gli spread scendono in area 2%. Una buona notizia, attesa da diversi mesi. Basti pensare che fino al 2012 (e in buona parte del 2013) era praticamente impossibile stipulare un mutuo (sia fisso che variabile) con spread inferiori al 3-3,5%. Certo, siamo lontani dall'estate 2011 - quando si trovavano offerte particolarmente aggressive, anche inferiori all'1% - ma in periodi di magra (con il mercato immobiliare ancora in parte imballato) trovare mutui con spread al 2% segna un netto miglioramento.

Va detto però che non è tutto oro quel luccica. Da un'attenta analisi delle offerte pubblicizzate dagli istituti si scopre che lo sconto è dedicato esclusivamente ai potenziali mutuatari che vanno a finanziare non oltre il 50% o 60% del valore di acquisto del proprio immobile. «Da un certo punto di vista, stanno quindi riapparendo le cosiddette "offerte mutuo civetta" che attraggono il potenziale mutuatario con spread scontati e vantaggiosi, raramente confermati però nel momento della sottomissione della richiesta di mutuo alla banca - spiega Stefano Rossini, ad di MutuiSupermarket.it -. Ed è molto semplice capirne la ragione: solo il 25% del totale delle richieste di mutuo raccolte dalle banche vanno a finanziare meno del 60% del valore di acquisto dell'immobile; il 63% delle richieste di mutuo, ossia quasi i due terzi, sono infatti sottoposte alla banca per finanziare una percentuale del valore di acquisto dell'immobile compresa fra il 60% e l'80%».

«Se andiamo ad analizzare come il migliore spread sui mutui a tasso variabile - che oggi rappresentano circa il 75-80% delle nuove richieste di mutuo - si è evoluto nel corso degli ultimi 9 mesi per una richiesta di mutuo "standard" di 140mila euro a 20 anni con valore immobile 220mila euro , vediamo come lo spread offerto dal sistema bancario si sia ridotto in maniera molto ridotta, passando dal 2,60% dell'ottobre 2013 al 2,45% di oggi, giugno 2014. Una riduzione di soli 15 punti base certamente è apprezzabile ma non può essere definita come un netto taglio ai prezzi dei mutui per privati e famiglie. Al contrario, sulla fascia percentuale di intervento inferiore al 60% sullo stesso periodo, i migliori spread per mutui a tasso variabile sono scesi di circa 50-60 punti base».

Quindi i prezzi stanno riducendosi, e anche in maniera significativa, ma purtroppo in direzione di quel 25% dei mutuatari che possono ricorrere a propri risparmi o liquidità di parenti per coprire autonomamente, senza l'aiuto della banca, oltre il 40% o 50% del valore di acquisto del proprio immobile.

Questo "effetto ottico di riduzione prezzi sul mutuo" è quindi in stretta correlazione alla nuova strategia di pricing, che sempre più istituti di credito adottano, che definisce lo spread offerto alla clientela in funzione della percentuale di acquisto dell'immobile che il richiedente va a coprire con i propri risparmi. Se questa percentuale è elevata, il rischio di credito della banca è normalmente più ridotto e lo spread offerto si avvicina a valori prossimi al 2%; se invece la percentuale è in linea con le medie di mercato, lo spread offerto si aggira attorno al 2,5%, non troppo distante dai valori che si registravano circa nove mesi fa.

La riduzione è quindi "regressiva", tende a favorire i clienti con rating migliori. Ma questo, per certi versi è normale se si considera che gli istituti di credito badano ai profitti e non svolgono un ruolo di assistenza sociale. Non sono obbligati ad offrire le condizioni migliori a clienti che - complice la crisi degli ultimi cinque anni - hanno visto deteriorarsi reddito e capacità patrimoniali, presentando difatti un rischio di solvibilità più alto per la banca.

La riduzione è "regressiva" tanto più se si considera che il costo di approvvigionamento della liquidità da parte del sistema bancario si è notevolmente ridotto nel corso degli ultimi 18 mesi. Senza dover ricorrere ad analisi articolate, possiamo prendere come indicatore di riferimento il rendimento lordo riconosciuto dalle banche ai propri clienti su conti di deposito vincolati a 24 mesi. Nel dicembre 2012 era pari al 3,40%, nel dicembre 2013 era pari al 2,37% e nel maggio 2014 era disceso al 2,14%, in pratica un calo di 126 punti base in 18 mesi (fonte Sole 24 Ore, tabella in allegato).

Sullo stesso arco temporale i migliori spread sui mutui a tasso variabile (importo 140mila euro, durata 20 anni, valore immobile 220mila euro) erano pari nel dicembre 2012 al 2,85%, nel dicembre 2013 al 2,60% e nel maggio 2014 al 2,45%, un calo di 40 punti base in 18 mesi. Anche se la raccolta di liquidità presso la propria clientela tramite conti di deposito è solo uno dei canali di approvvigionamento di liquidità da parte del sistema bancario, e sicuramente non il più economico, le dinamiche sopra dimostrano chiaramente come sia cambiato lo scenario del costo della liquidità per il sistema bancario nel corso dell'ultimo anno e mezzo.

Dati che dimostrano che la riduzione del costo di raccolta del denaro all'ingrosso per le banche non sia stata al momento trasferita in maniera proporzionale a livello di spread offerti sui mutui a clientela privata. Ciò è chiaramente anche da correlarsi ad una situazione economica complessiva ancora incerta - che non può contare su una ripresa chiara e sensibile della domanda interna e del tasso di disoccupazione - che spinge le banche ad atteggiamenti di cautela, soprattutto per le fasce di richiedenti a maggior rischio di credito che sono quelle che non possono contare su propri risparmi personali per finanziare una percentuale importante (fra il 40 e il 50%) del valore di acquisto del proprio immobile.

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