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Questo articolo è stato pubblicato il 19 giugno 2014 alle ore 06:38.

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«Parliamo lo stesso linguaggio e ci siamo capiti perfettamente». Di ritorno dal l'esecutivo Abi, dove ieri mattina ha incontrato insieme agli altri banchieri il Ministro dell'Economia, Pier Carlo Padoan, il presidente del Consiglio di Gestione di Intesa Sanpaolo, Gian Maria Gros-Pietro sembra aver già archiviato la frecciata giunta poche ore prima dal Premier Renzi, con il suo richiamo alle banche a fare più credito, ora che la Bce ha cancellato ogni alibi: «Il Ministro ci ha ascoltato e ha preso nota delle nostre istanze», dice in questa intervista a Il Sole 24 Ore. «Ci rivedremo presto, all'assemblea dell'Abi (in calendario per il 10 luglio, ndr) o forse anche prima. Ma quel che conta è che il governo, dopo aver creato molte aspettative, stia iniziando a soddisfarle con provvedimenti concreti: è determinante per dare vigore alla ripresa, che dipende dal clima di fiducia che si può instaurare in Italia». Ma non ci è rimasto male alle parole del Premier? «Niente affatto. Il nostro piano industriale prevede l'erogazione di 170 miliardi di nuovo credito in quattro anni: credo che ci stiamo muovendo esattamente nella direzione sollecitata dal Premier. Il tema, comunque, esiste: Renzi ha ragione quando dice che è necessario tornare a far affluire risorse alle imprese».
Quindi la colpa è delle banche?
Evitiamo di scaricarci vicendevolmente le colpe. Pensiamo piuttosto a smuovere tutti insieme il circuito del credito, facendo in modo che non si intoppi.
Ma a chi tocca il primo passo?
A tutti. Le banche devono fare la loro parte, e le misure annunciate di recente dalla Bce favoriscono in maniera importante il fluire di nuova liquidità; le imprese devono rilanciarsi e gli imprenditori investire di più nelle loro aziende, spesso sottocapitalizzate; la politica, attraverso la funzione legislativa e la P.A., deve creare un contesto più competitivo per le une e le altre. Ed è qui che è fondamentale il clima: se le aspettative sono buone, ogni attore tende a fare la propria parte nella presunzione che anche gli altri si muoveranno allo stesso modo.
Ma la ripresa stenta.
Il dato relativo al Pil del primo trimestre è stato peggiore delle aspettative, ma ci sono altri indicatori che ci dicono il contrario; personalmente, girando per l'Italia vedo segnali positivi, di ritorno agli investimenti da parte delle aziende: è da qui che può innescarsi quel circolo virtuoso da cui possono arrivare benefici per l'occupazione, e quindi per i consumi e a cascata per la produzione.
Quindi è ottimista?
Molto: l'Italia finora ha recuperato meno dell'Europa dall'inizio della crisi, adesso può compiere uno scatto in avanti. Per questo non mi stupirei se ci fosse qualche sorpresa positiva nel terzo o quarto trimestre dell'anno.

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