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Questo articolo è stato pubblicato il 10 luglio 2014 alle ore 08:10.
L'ultima modifica è del 10 luglio 2014 alle ore 12:38.

La crisi Ucraina non fa più paura. E nemmeno il disastro di Fukushima, quanto meno sui mercati del gas. I prezzi del combustibile sono infatti crollati ai minimi da quasi quattro anni, sia in Europa sia – per quanto riguarda il Gas naturale liquefatto (Gnl) – in Asia. Stiamo parlando di valori sui mercati spot. Ma anche le forniture contrattuali sono presumibilmente meno care: le formule di prezzo, un tempo indicizzate a prodotti petroliferi, oggi incorporano sempre più spesso una componente legata alle variazioni del gas sui mercati spot. E in ogni caso anche il petrolio si sta rapidamente deprezzando: grazie all'ottimismo per il ritorno del greggio libico sui mercati, Brent e Wti ieri sono scesi ai minimi da un mese (rispettivamente 108,17 e 102,10 $/barile).
Soprattutto in Europa la discesa dei prezzi del gas può sorprendere, di fronte al rischio – più che concreto – di un crollo degli approvvigionamenti dalla Russia. Mosca dal 16 giugno ha smesso di rifornire l'Ucraina e, benché il gas continui a transitare, non è escluso che si verifichino problemi nei prossimi mesi. Gazprom infatti non è ancora in grado di spedire tutti i volumi promessi agli europei senza servirsi dei gasdotti ucraini.
Eppure al più liquido tra i punti di scambio del Vecchio continente, il National Balancing Point (Nbp) britannico, il prezzo del gas per il prossimo inverno è sceso questa settimana sotto 55 pence per therm (corrispondenti a circa 20,20 €/MWh o 9,4 $/MBtu). Si tratta del minimo da novembre 2010, toccato dopo una discesa di oltre il 20% nel corso di quest'anno. Anche le scadenze a pronti sono ai livelli di quattro anni fa e in questo caso i ribassi (superiori al 40% nell'anno) si sono interrotti solo in marzo, con l'annessione della Crimea alla Russia, per poi riprendere indisturbati anche dopo lo stop delle forniture a Kiev e durante la manutenzione del gasdotto Nord Stream, con cui Mosca evitare l'Ucraina.
La situazione del resto non è molto diversa al Ttf (Title Transfer Facility) olandese, dove il gas per il prossimo inverno quota 22,90 €/MWh, o in Italia, dove i valori di prezzo della piattaforma Pb-Gas sono ormai allineati a quelli delle principali piazze europee: nella relazione annuale appena presentata dal Gestore dei mercati energetici (Gme) si sottolinea che il differenziale tra Italia ed Europa, intorno a 5 €/MWh dal 2009, si è stabilizzata dall'anno scorso sotto 1,5 €/MWh.
Se la crisi ucraina, a torno o a ragione, non fa paura è soprattutto perché la domanda di gas è bassa, sia per motivi economici che per motivi climatici. L'inverno estremamente mite, in particolare, ha permesso agli stoccaggi europei di raggiungere 58 miliardi di metri cubi, pari al 72% della capacità: un record almeno dal 2010 per questo periodo dell'anno.
In Europa stanno inoltre arrivando, sempre più numerosi, carichi di Gnl dirottati dall'Asia. Il continente che esprime la domanda più robusta sta dimostrando scarso appetito. Giappone e Corea del Sud, i più voraci consumatori di gas in forma liquida, al momento sono molto ben riforniti e stanno utilizzando le clausole di flessibilità nei contratti per ridurre gli acquisti di Gnl. Risultato: i prezzi spot del combustibile nell'area sono quasi dimezzati nel giro di cinque mesi, scendendo sotto 11 $/MBtu, il minimo da marzo 2011, quando la catastrofe di Fukushima ha privato il Giappone dell'energia nucleare, spingendo alle stelle i consumi di gas.
©RIPRODUZIONE RISERVATA
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