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Questo articolo è stato pubblicato il 13 luglio 2014 alle ore 08:13.
L'ultima modifica è del 13 luglio 2014 alle ore 16:31.
Via Indesit dalla Borsa. Piano industriale già pronto. Il giorno dopo la notizia della vendita del colosso italiano, gli americani sono già intenzionati a partire a testa bassa sull'azienda di Fabriano. Hanno fretta di iniziare a lavorare, dopo un anno e mezzo di rumors e dopo addirittura dieci dal primo tentativo di fidanzamento (poi fallito all'ultimo). Sarà per questo che l'azienda del lago Michigan non vuole infilarsi in inutili battaglie con i soci di minoranza. La vendita dell'ultimo colosso italiano del "bianco" segna un'epoca. È l'addio dei Merloni, famiglia storica che ha scritto una pagina di industria italiana, alla propria creatura. Con un assegno da 768 milioni di euro. Ma anche con la consapevolezza di aver fatto la scelta migliore per garantire un futuro. Avrebbero potuto fare più cassa, avessero voluto solo pensare al prezzo, vendendo ai cinesi. Ma gli americani sono il partner industriale migliore per l'azienda. E anche quello sempre voluto da Vittorio Merloni. Filosofia imprenditoriale a parte, la prima tappa in agenda sarà l'Opa, a 11 euro per azione. Filerà via liscia? Qualche mal di pancia serpeggia: il mercato è rimasto deluso. Si aspettava di più: almeno 12 euro per azione. Nella partita c'è un convitato di pietra: il fondo attivista Amber. E in Indesit c'è un 20% flottante (non poco). Gli americani saranno costretti ad alzare il prezzo? Fonti vicine al colosso Usa li descrivono come assolutamente non intenzionati a bracci di ferro con le minoranze. Hanno voluto comprare la maggioranza assoluta per poter avere il controllo totale. Col 66% in mano dei diritti di voto (ma si arriva al 75% considerando le azioni proprie di Indesit pari al 10%), possono già fare approvare qualsiasi decisione in assemblea. L'idea è di fare un delisting: Whirlpool è già quotata, al Nyse. Avere una doppia quotazione, non avrebbe senso.
Il primo nodo industriale da sciogliere saranno gli stabilimenti. Whirlpool è il partner migliore, ma anche quello che in Italia ha più impianti produttivi che si sovrappongono. Quello sarà il vero banco di prova. Arrivare alla vendita non è stata una decisione facile. Ma alla famiglia, che si era pure spaccata sul destino dell'azienda, va riconosciuto il merito di aver capito che rimanere da soli avrebbe sul medio termine compromesso la sopravvivenza. E che l'indipendenza non è più un valore, con un mercato sempre più globale, un'Europa (mercato di riferimento di Indesit) in caduta e la concorrenza asiatica a erodere sempre più margini. Il punto di svolta è iniziato due anni fa, su spinta dei consiglieri di minoranza: nell'estate del 2012, Innocenza Cipolletta e Paolo Monferino sollevarono il problema. Indesit non poteva stare da sola. Era necessario un partner. Ci sono voluti due anni per convincere la famiglia, con il punto più basso toccato lo scorso autunno quando in cda fu "bocciato" dagli indipendenti guidati da Sergio Erede e Paolo Amato il piano industriale "stand alone". Indesit andava venduta a un partner con una grossa massa critica. Ci fu uno scontro durissimo tra la famiglia e il consiglio di amministrazione. La nomina di Aristide Merloni a tutore legale del padre Vittorio e nuovo capofamiglia, con il contestuale passo indietro del fratello Andrea ha portato alla svolta di fine 2013. Quando la famiglia decide di vendere, perché si rende conto che non si può più aspettare, e affida il mandato a Goldman Sachs. Dietro le quinte, però, si sono mossi altri tre personaggi cruciali per la riuscita dell'operazione: uno è Giuseppe Cornetto Bourlot, membro della famiglia allargata di Fabriano: è cognato di Francesco Merloni, fratello di Vittorio. Il ruolo ibrido di familiare, ma allo steso tempo estraneo alla famiglia di Vittorio ha permesso al banchiere d'affari (presidente di Schroders Sim in Italia) di fare da cerniera tra le due parti. L'altro artefice dell'accordo è stato Luigi Abete, presidente di Bnl, consigliere indipendente, ma soprattutto legato da un rapporto di profonda amicizia con la famiglia. Il terzo è Marc Bitzer, il ceo di Whirlpool, amante dell'Italia (tanto da aver comprato una tenuta in Toscana) e grande estimatore del patriarca Vittorio.
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