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Questo articolo è stato pubblicato il 15 luglio 2014 alle ore 18:05.
L'ultima modifica è del 15 luglio 2014 alle ore 18:24.

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(Afp)(Afp)

Paese che vai, usanza che trovi. Ma le tasse non piace a nessuno pagarle, neanche negli Stati Uniti. Così, dietro alla frenesia di fusioni e acquisizioni (merger & acquisition, per gli esperti di finanza) spesso non si cela altro che una necessità: spostare il domicilio fiscale per sfuggire alle grinfie degli esattori. Il caso delle aziende farmaceutiche Usa che fanno shopping all'estero è piuttosto emblematico: nella giornata di ieri AbbVie ha concluso l'acquisto dell'irlandese Shire per una cifra vicina ai 54 miliardi di dollari, mentre la Mylan si è aggiudicata le attività legate ai medicinali generici di Abbott Laboratories (che paga le tasse in Olanda).

Tutti a caccia di «inversioni»
Le due operazioni sono classici esempio di quelle che gli analisti chiamano ormai «inversions», «inversioni»: le aziende Usa acquistano una società residente all'estero e successivamente adottano il loro regime fiscale, ovviamente più favorevole. Avviene preferibilmente nel settore farmaceutico, ma anche nel manifatturiero e nel commercio al dettaglio, e soprattutto è sempre più frequente, visto che dall'inizio dello scorso anno ben 19 operazioni di M&A made in Usa si configurano come «inversioni», 14 soltanto da inizio anno. «Ormai quando si prende in esame un'operazione di acquisizione si pensa in primo luogo alla possibilità di spostare il domicilio fiscale in un altro Paese», conferma un analista.

Effetto domino
Il fenomeno è in grado di provocare un effetto-domino: se lo fa una società all'interno del settore, poi è molto probabile che le altre la imitino spinte anche dagli investitori.E più si allarga a macchia d'olio, meno diventa criticabile la pratica agli occhi di chi versa le tasse a casa propria. I guadagni, del resto, non sono certo poca cosa: AbbVie stima che con l'acquisto di Shire l'aliquota complessiva possa abbassarsi al 16% entro il 2016 dal 22% di oggi.

Ed è per questo che al fra i politici Usa ci si allarma, e non poco: la commissione sulle Tasse del Congresso ha stimato che porre un freno alle «inversioni» permetterebbe di evitare un calo delle entrate di 19,5 miliardi di dollari nei prossimi 10 anni, non certo noccioline quindi. Ma la soluzione non è semplice e le lobby sono al lavoro per evitare un giro di vite: nel frattempo le aziende Usa continuano a «traslocare» per pagare meno tasse.

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