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Questo articolo è stato pubblicato il 24 luglio 2014 alle ore 16:16.

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Banche e soci chiudono il salvataggio di Sorgenia. Dopo una lunga trattativa che ha coinvolto 21 istituti di credito per un debito complessivo di 1,8 miliardi di euro ieri, come da attese, sono stati firmati l'accordo di moratoria del debito del gruppo elettrico e l'intesa tra azionisti e creditori sulle modalità di ristrutturazione dell'esposizione della società controllata da Cir, la holding della famiglia De Benedetti, e dal gruppo austriaco Verbund. In un comunicato diffuso ieri in tarda serata da Cir e Verbund, i due gruppi hanno fatto sapere di aver sottoscritto l'intesa, ricordando che al termine della ristrutturazione, i due soci di Sorgenia usciranno dal capitale del gruppo elettrico.

Nel dettaglio lo standstill proteggerà Sorgenia dalle richieste di rimborso di rate e interessi sul debito fino alla conclusione del processo di ristrutturazione del debito ai sensi dell'articolo 182-bis della legge fallimentare. L'intesa tra soci e banche impegna Cir e Verbund a votare nell'assemblea di Sorgenia un aumento di capitale che verrà sottoscritto dalle banche attraverso il conferimento di 400 milioni di debiti. Si tratta del passaggio chiave di una manovra di riequilibrio che prevede anche la trasformazione di 200 milioni di debiti in un convertendo e la concessione di nuova finanza per 256 milioni. A regime, così, le banche diventeranno i nuovi soci di Sorgenia mentre Cir e Verbund usciranno dal libro soci.

In questo contesto i due azionisti riceveranno un earn-out: «in particolare, in caso di distribuzioni e realizzi futuri, Sorgenia Holding e Verbund riceveranno il 10% dell'importo ottenuto che ecceda il capitale sottoscritto dalle banche finanziatrici capitalizzato al 10% annuo», ricorda la nota. La duplice intesa sarà seguita a settembre dall'accordo sulla ristrutturazione del debito ex articolo 182 bis (per il quale restano da definire alcuni aspetti) e che dovrà essere omologato dal Tribunale, permettendo così lo svolgimento dell'assemblea sull'aumento da 400 milioni che sancirà il passaggio del controllo alle banche. La nuova fotografia dell'azionariato, ad esito del processo, vedrà così Mps (esposta per 600 milioni) diventare il primo socio con il 22%, seguita da Ubi (18%), Banco Popolare (11,5%), Intesa e Unicredit (10% a testa) e Bpm (9%).

In questo modo, e con 600 milioni di debiti in meno, Sorgenia avrà così l'opportunità di ripartire. E di portare a termine il piano industriale che per una società piegata dalla crisi del mercato elettrico e dalla concorrenza delle rinnovabili si preannuncia assai complesso. Il piano elaborato a dicembre dall'a.d. Andrea Mangoni non prevede nel medio termine una ripresa della redditività operativa e si attende nel triennio 2014-2016 un ebitda annuo fermo a circa 110-120 milioni. Proprio Mangoni, peraltro, ieri ha incontrato dopo l'esecutivo Abi, i principali banchieri, di fatto ormai soci forti del gruppo energetico. Nell'ambito dell'incontro il manager, secondo quanto si apprende, avrebbe illustrato la sua strategia sulla nuova fase di Sorgenia. Fase che sarà sicuramente agevolata da un debito sostenibile (con la vendita delle rinnovabili potrebbe ridursi sotto 1 miliardo), da una politica commerciale attiva e da un taglio dei costi.

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