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Questo articolo è stato pubblicato il 03 settembre 2014 alle ore 10:53.
L'ultima modifica è del 03 settembre 2014 alle ore 11:22.

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Termina la querelle fra Lvmh e Hermès. I due gruppi francesi del lusso hanno raggiunto un accordo di conciliazione riguardo alla quota del 23,1% detenuta dal colosso guidato da Bernard Arnault nel capitale del competitor a seguito di un tentativo di scalata. La proposta del presidente del Tribunale del Commerciale di Parigi, Frank Gentin, accettata dalle parti, prevede che le azioni di Hermes possedute da Lvmh vengano distribuite agli azionisti di quest'ultima. Il rapporto sarà di un'azione Hermès ogni 21 azioni Lvmh possedute dagli azionisti. Aumenta così il flottante in Borsa della maison fondata nel 1837, ma scema l'interesse speculativo per il titolo, che a Parigi cede il 7% a 244 euro per azione, mentre Lvmh guadagna il 4,55% a 137,6 euro per azione.

Non solo: essendo Lvmh controllata al 40,9% dalla Christian Dior, quotata sulla piazza di Parigi e a sua volta controllata direttamente e indirettamente al 70,4% dalla famiglia Arnault, distribuirà a sua volta le azioni Hermès che riceverà ai propri azionisti. Al termine dell'operazione, che verrà portata a compimento entro il 20 dicembre prossimo, il gruppo Arnault arriverà a detenere una quota, ben più contenuta, dell'8,5% di hermes. Inoltre Lvmh, Dior e il Gruppo Arnault si impegnano a non acquistare azioni della società concorrente per almeno cinque anni.

Arriva così al termine, dopo tre anni, il contenzioso fra i due gruppi del lusso, iniziato nel luglio 2012 quando Hermès, controllata al 73% dalla famiglia fondatrice, annunciò di aver fatto causa all'azionista Lvmh, per le modalità con le quali è avvenuto l'ingresso nel capitale del gruppo. Lvmh era entrata nel capitale della maison del lusso nell'ottobre del 2010, inizialmente con una quota pari al 17%, salita poi al 21,4% nonostante le "barricate" poste dalla famiglia Hermès. L'operazione finanziaria fu giudicata "non amichevole", anche se il numero di Lvmh, Bernard Arnault l'aveva invece definita "friendly". Anche perché proprio Arnault aveva annunciato di voler avere un ruolo attivo nella gestione della sua partecipazione. Mentre l'amministratore delegato di Hermès, Patrick Thomas, aveva escluso ogni collaborazione con Lvmh: "I due brand sono incompatibili".

La partecipazione è poi arrivata nel tempo al 23,1% con acquisti avvenuti attraverso equity swap, sui quali l'Amf, l'Authority francese che vigila il mercato, aveva acceso un faro.
Lvmh, dal canto suo, aveva risposto alla causa intentata da Hermès annunciando a sua volta un'azione legale contro la società per "ricatto, denuncia calunniatoria
e concorrenza illecita". In una nota il polo del lusso guidato da Bernard Arnault affermava: "Lvmh riconferma con forza che le condizioni della sua entrata nel capitale di Hermès sono state perfettamente regolari" e definisce "gravi e destituite da ogni fondamento" le accuse mosse da Hermès.

Nel settembre del 2013 c'era, però, già stata la prima svolta verso una conciliazione. Lvmh aveva annunciato di rinunciare all'appello alla sentenza del 25 giugno dell'Amf, la Consob francese, che la condannava a multa di circa 8 milioni. «Avremmo ogni diritto di appellarci perché fin dalla prima operazione, che ci portò al 10% di Hermès e ci viene da allora contestata, non abbiamo violato alcuna legge finanziaria né siamo colpevoli, come sostiene Hermès, di manipolazione del mercato – si leggeva in una nota del colosso del gruppo –. Il nostro unico interesse è però di gestire l'investimento in Hermès nel migliore dei modi e per questo vogliamo chiudere qui le questioni legali sollevate presso l'Amf».

Oggi si giunge , quindi, alla conclusione definitiva della vicenda e alla separazione dei destini fra i due gruppi con la soddisfazione espressa sia da Bernard Arnault sia da Axel Dumas, l'attuale ceo di Hermès sesta generazione della famiglia del fondatore, per le relazioni ristabilete fra i due poli del lusso francese.

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