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Questo articolo è stato pubblicato il 20 settembre 2014 alle ore 18:15.
L'ultima modifica è del 20 settembre 2014 alle ore 18:20.
La storia infinita della cessione della quota di maggioranza della casa di moda Cavalli sembra essere vicina ad un epilogo. «La firma ancora non c'è ma la vendita ci sarà» ha dichiarato Roberto Cavalli, prima della sfilata della griffe oggi a Milano, parlando della cessione di una quota della sua azienda ai russi di Vtb. Sulle tempistiche dell'accordo lo stilista ha spiegato che «è difficile dire se avverrà tra 15 giorni, un mese o un anno
perché sono questioni complicate». Quel che è certo è che «mi piacciono le persone con cui sto trattando ora e non guardo - ha detto - a che lingua parlano». Altrettanto sicuro che lui resti in azienda: «Senza di me non si va avanti» ha dichiarato. E sull'argomento era tornato già due giorni fa: «Questa azienda è fondata su Roberto Cavalli e dovrei vendere un pezzettino di me, non è facile a farsi» aveva detto lo stilista fiorentino, prima della sfilata della linea Just.
La valorizzazione della società non sarebbe quella sperata dallo stilista, ma i russi hanno messo sul piatto l'opportunità per Cavalli e la moglie Eva, che con lui gestisce la griffe, di rimanere nell'azionariato con una quota di minoranza. Cosa che non era scontata se l'acquirente fosse stato un altro.
Il gruppo ha chiuso l'esercizio 2013 con un fatturato da 201 milioni in crescita del 9,3% rispetto al 2012 e un margine operativo lordo (Ebitda) di 22,4 milioni (pari all'11,2% dei ricavi) realizzati anche grazie alla rete di negozi monomarca. In tutto 179, 44 al mondo, dei quali di proprietà. L'Offerta di Vtb si aggirerebbe attorno ai 500 milioni di euro, con un multiplo di 22,3 volte l'Ebitda. Un valore di tutto rispetto nelle transazioni del settore.
Un approccio tra investitori russi e Roberto Cavalli, che oggi ha 73 anni, c'era già stato due anni fa, quando si fece avanti il gruppo Tashir. Anche allora, la trattativa iniziò ma sfociò in un nulla di fatto, benché Tashir, una conglomerata che faceva capo al magnate Samvel Karapetyan ed era attiva soprattutto nell'immobiliare e nelle costruzioni, avesse l'obiettivo dichiarato di portare i marchi del made in Italy a due passi dalla Piazza Rossa e dal Cremlino.
Successivamente ci sono state le trattative con i fondi di private equity (oltre a Permira, Clessidra e i britannici di Cvc), gruppi finanziari (l'ultimo in ordine di tempo è stato Investcorp, base in Bahrain, che anni fa aveva una partecipazione in Gucci). E ora è la volta di Vtb Capital, uno dei bracci operativi di Vtb Bank, conglomerata finanziaria controllata al 60% dal Cremlino. Presidente e amministratore delegato dal 2002 è Andrey Kostin, che ha un posto anche nel board di Pirelli e di Rosneft, la società russa entrata nell'azienda italiana degli pneumatici con l'acquisizone, nel maggio scorso, del 13% di Camfin, la holding che custodisce il 26% di Pirelli.
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