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Questo articolo è stato pubblicato il 21 settembre 2014 alle ore 08:14.
L'ultima modifica è del 21 settembre 2014 alle ore 16:37.

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UnipolSai accelera sulla razionalizzazione del comparto immobiliare. Nei giorni scorsi, con l'obiettivo di rendere il più efficiente possibile la gestione del business del mattone, la compagnia ha firmato l'atto di integrazione di ben 21 società immobiliari dopo che già nel 2013 ne aveva accorpate altre cinque. Dalle 36 società inizialmente operative si è scesi dunque a circa 10 aziende dedicate.

Un numero destinato a ridursi ulteriormente considerato che l'obiettivo è mettere all'interno di un'unica realtà circa il 95 per cento del portafoglio immobiliare della compagnia.
Un portafoglio che per Unipol al 30 giugno scorso valeva circa 4,6 miliardi, in deciso calo rispetto ai 5 miliardi di controvalore stimati nel 2013. Ciò complice il fatto che da allora è stata avviata una politica di pulizia del patrimonio. Una strategia di valorizzazione che ha preso ancora più vigore negli ultimi mesi, al fine di tutelare tutti gli asset che assicurano la giusta reddittività e di dismettere, invece, ciò che non è adatto a far parte del perimetro di una compagnia assicurativa.

La ripartizione
Il primo passaggio è stato la suddivisione in tre comparti dell'intero patrimonio, ciascuno con una propria identità e con propri obiettivi. Innanzitutto è stato individuato il così detto portafoglio core, ossia tutti gli immobili che possono essere utilizzati a copertura delle riserve poichè garantiscono un redditto normalmente superiore a quello di un Btp. I palazzi core, se si considerano anche quelli strumentali, valgono complessivamente attorno ai 2 miliardi. A questi si aggiunge il così detto mattone "value added", ossia l'insieme di immobili che necessita invece di investimenti per poter essere riportato a reddito. Il loro destino non è ancora segnato, molto dipende dal valore che assumeranno al termine del ripristino. Se sarà adeguato per poter garantire le riserve, l'immobile finirà nel portafoglio core, altrimenti verrà ceduto. Il patrimonio value added si aggira poco sopra il miliardo di euro.
Da ultimo esiste il comparto trading. Ossia quell'insieme di palazzi, per lo più residenziale sparso, che non hanno ragione di restare nel perimetro di una compagnia assicurativa. Per tutti questi immobili, che valgono circa 800 milioni, il futuro è già scritto. Sono tutti destinati a venir ceduti.

A questi tre grandi gruppi si sommano altre quattro attività che gravitano nell'orbita del settore immobiliare e complessivamente possono essere valutate attorno ai 450 milioni: Atahotel, Marina di Loano, Tenuta del Cerro e le cliniche. Riguardo ad Atahotel, come dichiarato qualche giorno fa da Gian Luca Santi, direttore generale area immobiliare di UnipolSai e presidente di Atahotel, l'obiettivo è di arrivare a una situazione economica "solida". Fatto che si potrebbe concretizzare entro il 2015. Di Tenuta del Cerro è appena stato ridefinito il brand per poterne rilanciare immagine e attività. Marina di Loano vale invece mille posti barca.
Discorso differente, infine, potrebbe essere fatto per le cliniche. Il settore, di per sé assai complicato, non appare realmente compatibile con la missione di una compagnia assicurativa. Non si può escludere, dunque, che UnipolSai possa aprire un dossier specifico su questo comparto.
In generale, in ogni caso, si può dire che l'intenzione principale di Unipol e di UnipolSai è liberarsi di tutti quegli asset che non sono adatti ad essere detenuti da una compagnia assicurativa.

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