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Questo articolo è stato pubblicato il 09 ottobre 2014 alle ore 13:17.

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(Corbis)(Corbis)

In gergo sono chiamati “junk bond”, obbligazioni spazzatura. Il nome tecnico e meno spregiativo è “high yield bond”, cioè titoli ad alto rendimento. Con questo termine ci si riferisce alle obbligazioni con rating inferiore a “BBB” nella scala dell’agenzia Standard & Poor’s e “Baa” per quanto riguarda Moody’s. Si tratta cioè di obbligazioni emesse da società non particolarmente solide che presentano un grado di rischiosità maggiore.

I titoli high yield in questi ultimi 5 anni sono andati molto bene. Con la Federal Reserve che ha azzerato il costo del denaro e inondato il mercato di liquidità e le altre banche centrali che hanno seguito a ruota, sul mercato obbligazionario c’è stata un’enorme compressione dei tassi. Portare a casa rendimenti interessanti è diventato sempre più difficile a meno di non prendersi grossi rischi. È per questo che i cosiddetti «bond spazzatura» sono diventati di moda.

Le emissioni (soprattutto negli Usa) si sono moltiplicate mentre i rendimenti sono scesi sempre di più. La performance degli indici di riferimento è stata stellare: dal 2010 ad oggi l’indice Bloomberg Global High Yield ha garantito all’investitore un rendimento del 48 per cento. Nello stesso lasso di tempo il segmento investment grade (titolo a rating più alto) ha fatto +32% mentre l’indice Bloomberg dei titoli di Stato Usa ha fatto +17,3 per cento.

Ma ora la grande orgia sta per finire. Da settembre è partita una fortissima ondata di vendite sui “bond spazzatura” mentre i fondi comuni specializzati in questa tipologia di bond - si legge nell’ultimo report di Epfr Global - nel terzo trimestre hanno registrato riscatti netti per 38,8 miliardi di dollari. Un’ecatombe che non ha riguardato solo gli Stati Uniti (Paese da cui arriva buona parte dei bond spazzatura) ma anche l’Europa.

L’ondata di vendite è destinata a continuare nei prossimi mesi secondo Alberto Gallo, capo della ricerca macro per l’Europa di Rbs che, in un recente articolo sul Financial Times, ha messo in fila le ragioni che spiegano perché.

La prima riguarda il contesto che ha favorito la proliferazione esagerata dei titoli spazzatura. Un contesto, come accennato, determinato dalle scelte di politica monetaria della Fed. Anche se nei verbali dell’ultima seduta i banchieri centrali hanno fatto capire che un rialzo dei tassi non è dietro l’angolo, la «normalizzazione» della politica monetaria è un passaggio che in molti percepiscono come obbligato anche se sui tempi non c’è certezza. E nessun cambio di rotta della Fed è immune da volatilità.

Un rialzo dei tassi (o l’aspettativa in questo senso) Fed provocherà inevitabilmente un rialzo dei rendimenti del mercato obbligazionario. Specie se, e veniamo alla seconda ragione, non ci sarà un passaggio del testimone con la Bce che, come è emerso dall’ultimo direttivo, non appare intenzionata ad adottare piani di stimolo monetario (acquisti di titoli sui mercati) sulla scia di quanto fatto oltreoceano dalla Fed.

In questo contesto i “bond spazzatura” sono particolarmente vulnerabili.

Per quanto il mercato sia cresciuto a dismisura in questi anni gli scambi su questi titoli restano contenuti. La ridotta liquidità è un grosso handicap per chi voglia disfarsi dei titoli ad alto rendimento in portafoglio e rischia di amplificare eventuali svalutazioni innescati dalle vendite.

La Fed ha recentemente avvertito le banche sui rischi di un’eccessiva esposizione in questa tipologia di titoli avvertendole che potrebbero vedersi costrette ad accantonare capitale per far fronte a possibili perdite.

Il tasso di default dei titoli “high yield” americani rimane basso (2,5%) ma - ha recentemente avvertito l’agenzia Fitch - è altamente vulnerabile a possibili impennate. I fattori da tenere d’occhio sono soprattutto il contesto macroeconomico (negativo per quanto rigarda l’Europa), il costo del credito (che negli Usa è destinato a salire per effetto della “normalizzazione” della politica monetaria Fed) e la qualità delle transazioni (su cui è lecito avere qualche dubbio).

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