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Questo articolo è stato pubblicato il 18 ottobre 2014 alle ore 09:58.
L'ultima modifica è del 18 ottobre 2014 alle ore 16:26.

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Il Venezuela per la prima volta nella storia sta importando petrolio. Un evento che sembra incredibile, visto che il Paese latinoamericano – storico e agguerrito membro dell'Opec – racchiude nel suo sottosuolo le riserve più ricche del mondo: ben 298,3 miliardi di barili di greggio secondo i dati dati Bp, contro i 265,9 miliardi dell'Arabia Saudita e i 174,3 del Canada (nonostante il clamore sullo shale oil, gli Usa ne hanno appena 44,2 miliardi). Eppure non si tratta di una bufala, ma di una vera notizia, che la dice lunga sulle difficoltà dell'industria petrolifera venezuelana e mette un ulteriore chiodo sul feretro della sua agonizzante economia.

I destini di Caracas sono del resto strettamente legati a quelli del petrolio, che rappresenta il 96% delle sue esportazioni, anche se rende la metà di quanto potrebbe: su 2,7 milioni di barili estratti, solo la metà fruttano qualcosa, perché il resto è regalato a Cuba e altri Paesi amici, inviato in Cina per ripagarla di finanziamenti di miliardi di dollari oppure autoconsumato.

Il default è ormai solo questione di tempo per il Venezuela, che ha un debito sovrano di 35,4 miliardi di $ più altri 32 miliardi in capo alla compagnia petrolifera statale Pdvsa. Il rendimento dei titoli di Stato è già salito oltre il 18%, peggio dell'Ucraina o dell'Argentina, che ha appena fatto default.

Il crollo delle quotazioni del barile – oltre il 20% in tre mesi – sta danneggiando molti produttori di petrolio: anche la Russia vacilla e secondo Deutsche Bank la Nigeria rischia di svuotare le casse dello Stato in meno di un anno se il barile non si riprenderà. Ma nessuno è in pericolo quanto il Venezuela, che già stava soffrendo in mille modi: gli scaffali dei negozi sono vuoti, l'inflazione al 63% è la più alta del mondo, le riserve di valuta pregiata si sono ridotte a meno di 20 miliardi di dollari.

Il presidente Nicolas Maduro, entrato in carica 18 mesi fa alla morte del carismatico Hugo Chavez, per arginare i danni ha già fatto in modo, manovrando la disponibilità di dollari, di ridurre di un terzo le importazioni venezuelane e non ha molte altre leve con cui operare, se non vuole scatenare una rivolta popolare.

Adesso, oltre ai carburanti che non riesce a produrre in quantità sufficienti, Caracas acquista all'estero anche petrolio. Il primo carico, che potrebbe inaugurare una lunga serie di rifornimenti, è salpato in questi giorni dall'Algeria: Saharan Blend, greggio di qualità leggerissima, che secondo documenti filtrati alla Reuters servirà a Pdvsa per diluire il petrolio superpesante della faglia dell'Orinoco per renderlo più facilmente commerciabile. Finora Caracas si serviva di nafta (anch'essa importata), ma il suo prezzo è salito molto e a quanto pare il Saharan Blend le costerà meno, anche se arriva da molto lontano.

twitter.com/SissiBellomo

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