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Questo articolo è stato pubblicato il 26 ottobre 2014 alle ore 13:39.
L'ultima modifica è del 26 ottobre 2014 alle ore 13:59.

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LONDRA – Tutte dell'eurozona. Gli stress test dell'European banking authority svelano una sottocapitalizzazione aggregata per 24 miliardi di euro che si riducono a 9,5 miliardi se si tengono in considerazione le operazioni sul capitale attuate nel corso del 2014 tutte a carico di istituti di credito dell'area euro. Le banche inglesi, scandinave, polacche per citare solo i blocchi nazionali più significativi passano i test senza eccessivi problemi anche se tutte attendono ora di conoscere le condizioni di “stress” aggiuntive che i regolatori nazionali applicheranno ai criteri dell'Eba.

La Banca d'Inghilterra ha già fatto sapere che annuncerà i risultati dell'esercizio supplementare a metà dicembre. Secondo il test dell'Eba 16 banche falliscono la prova dell'authority se si applica lo scenario sulla prospettiva economica del prossimo triennio (2014-2016) previsto dalla Commissione europea ovvero hanno requisiti di capitali common equity tier 1 sotto la soglia dell'8,5%. Altre otto se si applica invece lo scenario più avverso che prevede una crisi capace di bruciare 261 miliardi nel prossimo triennio. In questo caso la soglia minima di capitale prevista dai test è del 5,5%.

Ventiquattro banche (una in più, Liberbank, per la Bce che applica in questo caso criteri diversi da quelli dell'Eba la quale oltretutto ha testato 123 istituti in totale limitandosi ad analizzare le capogruppo e non le sussidiarie) nove delle quali italiane. Se si considerano le misure di rafforzamento del capitale adottate nel 2014 – l'esercizio Eba congelava il quadro di bilancio al 31 dicembre 2013 - la pattuglia di istituti falliti, chiamati a ricapitalizzarsi, si riduce a quattordici quattro dei quali italiani.

Se con la Grecia il Paese più rappresentato fra i “bocciati” resta l'Italia, le banche del Regno Unito, Svezia, Polonia passano la prova con buone performance. “Questo – precisano all'Eba – anche per il più alto livello di capitalizzazione raggiunto all'avvio dell'esercizio”. Ovvero avevano un più solido tesoretto da gestire. Londra, Stoccolma, Varsavia fra l'altro applicano l'armamento regolamentare sui requisiti di capitale cosiddetto fully loaded, ovvero quello finale che entrerà in vigore nel 2019 e oltre.

Nonostante le norme più vincolanti le banche svedesi esaminate – Svenska Handelsbanken, Seb, Nordea e Swedbank – hanno common equity tier 1 nello scenario avverso che oscilla fra il 12 e il 16,3%. Quelle polacche fra il 7,4 e il 15,4%. Le banche inglesi, giganti nell'Unione nonostante la crisi del credito offrono un' immagine meno uniforme. Lloyds nello scenario avverso è a quota 6%, Rbs al 6,7% e si tratta di istituti a capitale pubblico in parte o nella quasi totalità. Barclays fa marginalmente meglio (7,1%) mentre Hsbc si conferma la più robusta in termini di patrimonializzazione con un 9,3% di common equity tier 1. E anche le inglesi, misurano la qualità del proprio capitale secondo i criteri finali messi a punto dai regolatori e destinati a entrare in vigore nei prossimi anni.

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