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Questo articolo è stato pubblicato il 29 ottobre 2014 alle ore 15:53.

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La necessità di guardare oltre i confini italiani, la volontà, nel prossimo ridisegno della governance, di individuare un assetto che assicuri continuità rispetto ai pilastri attuali e infine l'auspicio che le assicurazioni diventino un interlocutore chiave nello stimolo all'economia del paese. Carlo Cimbri, ceo del Gruppo Unipol, ieri ha scelto il palco del 16° Annual Assicurazioni organizzato da Il Sole 24 Ore con la collaborazione di The Boston Consulting Group e di Dla Piper, per dettare l'agenda della prima compagnia danni del paese.

Con un occhio di riguardo, come detto, al posizionamento strategico della società. «Il mercato italiano per noi è saturo in termini di quote - ha spiegato il manager - l'operazione Fondiaria Sai ci ha addirittura imposto lo snellimento del portafoglio premi, non vi è dubbio quindi che si ponga un tema di diversificazione geografica». Tuttavia, ha aggiunto il ceo, per quanto cruciale, l'allargamento del business a nuovi territori «non può essere al momento un priorità»: «ogni scelta strategica va compiuta al momento opportuno». E per Unipolsai non è ancora la fase giusta. Se non altro, perché «l'operazione FonSai di fatto è stata chiusa appena l'altro ieri», ha sottolineato Cimbri.

Prima di qualsiasi nuova opzione strategica, dunque, c'è da metabolizzare l'aggregazione a quattro. Ma a che punto è la creazione del maxi polo assicurativo? «Siamo al 70%. Serviranno ancora un paio d'anni e poi ci porremo concretamente nell'ottica di una nuova impostazione strategica», ha commentato Cimbri.

Nel mentre, la compagnia deve rivedere l'assetto di governance. L'ha imposto l'Ivass quando ha dato il via libera alla fusione. E Carlo Cimbri, o meglio i soci di Ugf, dovranno decidere se il manager dovrà continuare a guidare la holding o se dovrà tenere le redini della società operativa. La scelta dovrà essere compiuta entro il prossimo giugno, e allo stato una delle ipotesi plausibile lo vede ad di Ugf e presidente di UnipolSai. Rispetto a ciò, il ceo della compagnia, ricordando che l'ultima parola spetta agli azionisti, ha voluto precisare che in ogni caso «verrà garantito un assetto che preservi il gruppo nella propria unicità». Ecco perché Cimbri ha precisato che, a prescindere dal posto che occuperà, «il gruppo proseguirà rispettando gli stessi canoni «che fin qui hanno dettato la linea e quindi «in assoluta continuità» rispetto all'attuale gestione.

Una gestione che ha visto il manager concentrarsi sul core business, mettendo sul mercato una ad una tutte le partecipazioni finanziarie ereditate con l'assorbimento di FonSai. Solo un asset è ancora in portafoglio e sembra destinato a restarci ancora per un po', ossia Atahotels, la catena alberghiera voluta dalla famiglia Ligresti. Perché? «È un asset no core che può essere valorizzato», ha risposto l'amministratore delegato. L'idea, ha aggiunto Cimbri a margine dell'Annual, è che «Atahotels possa diventare l'interlocutore utile a dar vita a un progetto di sviluppo di una grande catena alberghiera italiana».

Al di là del futuro di UnipolSai, per Cimbri è importante inquadrare lo sviluppo della compagnia nel contesto in cui opera, il che impone un'analisi del settore assicurativo e delle sue dinamiche, tanto più se inserite all'interno dello spazio Italia.

Per Cimbri il comparto viene spesso sottovalutato tuttavia ciò è frutto anche di un'errata impostazione del settore stesso nel promuoversi come interlocutore: «Dobbiamo porci in un logica propositiva» per intervenire «dove lo stato arretra in termini di protezione», come nella sanità o nelle catastrofi naturali. Non solo, «il paese ha bisogno di grandi investimenti, anche nelle infrastrutture» e le compagnie assicurative «possono essere un interlocutore» a patto che ciò avvenga a condizioni «economiche corrette». Non è un caso, ha spiegato Cimbri, «che tutti i gruppi stanno riducendo gli investimenti in equity perché non più conciliabili in termini di assorbimento del capitale». È tempo, tuttavia, di dare sostegno all'economia. Ecco perché anche l'ipotesi del Tfr in busta paga, sebbene potenzialmente non favorevole al settore assicurativo, è positivo poiché «oggi bisogna compiere delle scelte che aiutino il paese a uscire da questa fase contingente e se il Tfr può servire, ben venga. Non saremo certo noi come assicuratori ad opporci», ha svelato il manager. All'interno di questo scenario, «l'Italia ha bisogno di una riforma seria del mercato del lavoro, l'art.18 è diventato uno slogan, un modo per non risolvere i problemi». Ecco perché, a detta Cimbri, è tempo di «più proposte e meno rivendicazioni».

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