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Questo articolo è stato pubblicato il 09 novembre 2014 alle ore 14:16.
Due settimane per digerire le bocciature e imbastire i capital plan necessari a colmare i deficit di capitale che ne sono emersi. Altre due, ora, per aspettare il semaforo verde da parte della Banca centrale europea: in pratica, è atteso entro il 29 novembre il via libera alla cura che ogni singolo istituto ha pensato per sé, e che ora dovrà attuare entro aprile 2015 (per i malati più gravi) o al più tardi entro luglio (per quelli lievi). Da dicembre, poi, entrerà nel vivo il monitoraggio continuo ad opera della Joint supervision team, la squadra di ispettori - rigorosamente mista quanto a nazionalità - che vigilerà su ognuna delle 130 banche passate sotto il controllo diretto di Francoforte, e che nel caso degli istituti considerati più a rischio avrà il delicato compito di seguire passo dopo passo l'esecuzione dei piani.
Ci sarà tempo. Intanto, sono in arrivo in queste ore a Francoforte i dossier compilati da ogni singola banca che non ha superato i requisiti minimi di capitale fissati dalla Bce e dall'Eba: il termine per presentarli, infatti, scade nella giornata di domani. In tutto, gli istituti coinvolti in Europa sono 13, perché delle 25 banche bocciate all'esame congiunto sulla base dei dati al 31 dicembre scorso, 12 già si sono messe al sicuro con le azioni di capitale predisposte da gennaio a settembre, riducendo il fabbisogno complessivo del sistema da 9,7 a 3,3 miliardi. Dunque gli osservati speciali restano 13, una pattuglia molto variegata per caratteristiche, ammontare della carenza di capitale e per gli strumenti a disposizione per colmarla; solo tra le quattro italiane, ad esempio, ce ne sono due di fatto già in salvo: la Banca Popolare di Milano, uscita con uno shortfall di 166 milioni, ha dalla sua la rimozione degli add-on da parte della Banca d'Italia il 24 giugno e la cessione di una quota in Anima holding, due operazioni da 879 milioni di benefici a livello di capitale che per questo sono i due soli punti del capital plan inviato già lunedì scorsi a Francoforte. Situazione non molto diversa per la Popolare di Vicenza: il 25 ottobre scorso il board della banca ha formalizzato la conversione di un convertibile già in essere nel maggio 2015, la misura impatterà positivamente per 253 milioni sul capitale (a fronte di un deficit riscontrato di 223 milioni), e per questo ha inserito questa sola azione nel suo capital plan, inviato già in settimana scorsa all'Eurotower.
Restando alle italiane, il quadro resta più complesso per Carige e soprattutto Mps. La prima, carente di di 814 milioni, già nel giorno delle pagelle ha predisposto e spedito alla Bce un piano che prevede un aumento (garantito da Mediobanca) di importo compreso tra i 500 e i 650 milioni, la cessione di asset - le due compagnie assicurative, la Banca Cesare Ponti, il credito al consumo - e l'acquisto delle quote di minoranza delle banche controllate. E' probabile che la stesura del piano sia avvenuta di concerto con la Bce, ma il verdetto di Francoforte sarà comunque importante. Così come per Mps, dove il gap è di oltre 2 miliardi e l'architettura del piano più complessa: il progetto approvato dal cda mercoledì sera e immediatamente inviato all'Eurotower, punta anzitutto su un aumento - già coperto da consorzio - fino a 2,5 miliardi, è vero, ma c'è anche la richiesta di mitigare di 390 milioni il deficit patrimoniale per una reinterpretazione degli utili operativi stimati per il 2014. Un'ipotesi "che rimane interamente a discrezione delle autorità", come ha dichiarato la banca in settimana, facendo così intendere che ogni esito, in teoria, è possibile: non è un elemento da poco, perché quanto più ridotto sarà il gap da colmare, tanto superiore sarà il buffer di capitale di cui si potrà disporre al termine del piano.
In queste ore, comunque, a Francoforte stanno arrivando anche i piani delle altre 9 banche bocciate. Tre sono greche (Eurobank, National Bank of Greece, Hellenic Bank, per un ammontare complessivo di 2,87 miliardi), due slovene (Nova Kreditna Banka Maribor e Nov Ljubljanska banka, per soli 60 milioni), una portoghese (Banco Commercial Portugues, 1,15 miliardi), una irlandese (Permanent Tsb, 850 milioni), una francese (Dexia) e una austriaca (Oesterreichischer Volksbanken - Verbund, 860 milioni): in buona parte, così come Bpm e Popolare Vicenza, i deficit di capitale sono già stati colmati, ma il piano è stato richiesto. E verrà monitorato.
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