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Questo articolo è stato pubblicato il 16 novembre 2014 alle ore 08:14.

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Generali ha praticamente azzerato la quota in Intesa Sanpaolo. Il Leone, che il giugno scorso era sceso al di sotto del 2% del capitale di Ca' de Sass, negli ultimi mesi ha valorizzato il pacchetto. Sarebbe rimasta solo una quota marginale parcheggiata nelle gestioni. L'operazione, tra l'altro, avrebbe generato una certa plusvalenza.
La novità è emersa nel corso di un recente confronto con la comunità finanziaria dove a precisa domanda, il cfo Alberto Minali, ha risposto così: «Nei primi nove mesi dell'anno abbiamo fatto numerose transazioni per migliorare la flessibilità del nostro portafoglio e investire in nuovi asset. Per esempio, abbiamo realizzato la vendita della quota in Intesa Sanpaolo». Il 17 giugno scorso si era appreso che la compagnia triestina aveva ceduto circa uno 0,8% del capitale della banca scendendo all'1,869% dal 2,61% che deteneva al 31 dicembre 2013. In precedenza, nell'aprile del 2013 era emersa la discesa dal 3,15% al 2,7%. Ora, anche quell'1,86% è stato ceduto e l'intreccio azionario è sciolto. Una mossa in parte attesa. D'altra parte, in più occasioni il group ceo di Generali, Mario Greco, ha sottolineato che quel pacchetto non era più una quota strategica ma rientrava a pieno titolo tra gli asset oggetto di gestione attiva. L'azzeramento, tuttavia, è sicuramente un passaggio che merita rilievo. Non foss'altro perché va a sciogliere definitivamente un legame di lungo corso, già ridimensionato dalla precedente uscita di Intesa Sanpaolo dal capitale del Leone. Giusto un anno fa la banca guidata da Carlo Messina ha collocato l'1,3% di Trieste mettendo sul mercato tutte le ultime azioni che disponeva del gruppo assicurativo. Un'operazione che ha permesso di incassare 347,8 milioni e che con l'ultima mossa delle Generali chiude i rapporti societari tra le due istituzioni finanziarie.
Tutto un altro film, dunque, rispetto a quello che Antoine Bernheim, allora presidente delle Generali, andava raccontando nel 2007 quando, a pochi mesi dalla fusione tra Intesa e il Sanpaolo Imi e mentre si celebrava il matrimonio tra UniCredit e Capitalia, arrivò addirittura a ipotizzare un'ascesa di Trieste oltre il 5% in Ca' de Sass con l'obiettivo di «supportare l'espansione all'estero» dell'istituto. Quel film e soprattutto quegli intrecci oggi non esistono più.

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