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Questo articolo è stato pubblicato il 21 novembre 2014 alle ore 07:00.

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(Afp)(Afp)

Il presidente cinese Xi Jinping è stato di parola. Nel fine settimana aveva promesso al G-20 maggiore trasparenza sulle statistiche relative al petrolio e ieri – per la prima volta nella storia – Pechino ha alzato il velo sulle riserve strategiche del paese. Il dato è purtroppo parziale, perché riguarda soltanto la prima fase di costituzione delle riserve, conclusa nel 2009. Inoltre, dalla Cina non arriva tuttora nessuna informazione sulle scorte commerciali, molto più utili in quanto consentono di valutare l'andamento dei consumi. Tuttavia si tratta di un primo passo importante, considerato che la Cina ha ormai acquistato un peso determinante per le sorti dei mercati petroliferi. E in ogni caso le informazioni trasmesse – che fino a poco tempo fa erano difese come un segreto di Stato – non sono del tutto irrilevanti. Al contrario, danno corpo alla prospettiva di un'accelerazione degli acquisti cinesi di greggio, soprattutto ora che le quotazioni del sono crollate sotto 80 dollari, ai minimi da quattro anni.
Nei quattro depositi della prima fase di stoccaggio, ha fatto sapere l'istituto nazionale di statistica, ci sono oggi 91 milioni di barili di greggio (a fronte di una capacità di stoccaggio complessiva di 103 milioni): una quantità inferiore a quella che molti analisti avevano stimato e che è sufficiente a soddisfare appena nove giorni di consumi. La Strategic Petroleum Reserve (Spr) degli Stati Uniti – paese che ormai la Cina ha superato nelle importazioni petrolifere – contiene 695,9 mb e ha una capacità di 727 mb.
Se la Cina aspirasse ad accantonare greggio sufficiente a compensare 90 giorni di importazioni nette – il criterio adottato dai paesi Ocse, nell'ambito dell'Agenzia internazionale per l'energia (Aie) – dovrebbe accumulare 540-600 mb, fanno notare gli analisti di Energy Aspects, aggiungendo che comunque Pechino si è già portata avanti nell'opera, rispetto alle cifre comunicate ieri: solo nel 2014, grazie anche alla discesa dei prezzi, dovrebbe aver stoccato altri 87 mb di greggio.
Il governo ha infatti programmato altre due fasi di accumulazione di riserve e la seconda è già in costruzione. Su queste l'istituto di statistica ha taciuto, ma Pechino negli obiettivi energetici per il 2020, aggiornati proprio in questi giorni, ha detto che entro quella data punta a completare la seconda fase – con stoccaggi che gli analisti ritengono intorno a 170 mb - e ad avviare la terza.
Molto di quel greggio potrebbe arrivare dall'Iran, che invia in Cina un numero crescente di barili: nei primi nove mesi dell'anno vi ha esportato 573mila barili al giorno, il 33,7% in più rispetto allo stesso periodo del 2013. E la quantità potrebbe aumentare. Teheran, si è saputo in questi giorni, ha noleggiato depositi di stoccaggio a Dalian, per servire meglio i mercati asiatici. E quando le sanzioni internazionali verranno revocate promette di raddoppiare nel giro di due mesi le sue esportazioni, in Cina e altrove, che attualmente sono ridotte secondo le stime a circa 1,3 milioni di barili al giorno. La promessa – che costituisce prima di tutto una sfida ai colleghi dell'Opec – è arrivata dal ministro del Petrolio Bijan Zanganeh, a pochi giorni dalla scadenza dei negoziati sul nucleare con le potenze internazionali: in teoria sarebbe lunedì, anche se l'esito più probabile sarà un'ulteriore proroga delle trattative.

twitter.com/SissiBellomo
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