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Questo articolo è stato pubblicato il 28 novembre 2014 alle ore 07:05.
L'ultima modifica è del 28 novembre 2014 alle ore 10:42.

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Il secondo portafoglio per valore risulta essere quello della Delfin S.a.r.l., cassaforte lussemburghese del fondatore di Luxottica Leonardo del Vecchio. Stando alla banca dati S&P Capital IQ il valore delle partecipazioni azionarie della Delfin supera i 15 miliardi di euro. Il grosso è riconducibile alla quota di controllo (67%) sull’azienda che ha fondato (Luxottica) che da sola vale 13,4 miliardi. Ci sono poi il 2% di Unicredit (circa 670 milioni) e il 27% dell’immobiliare francese Fonciere des Regions (partecipazione che vale 1,3 miliardi di euro).

Il valore del portafoglio della Dalfin si avvicina molto al patrimonio di Leonardo Del Vecchio secondo le stime del Bloomberg Billionaire Index vale 18,4 miliardi di dollari. Del Vecchio è il secondo italiano più ricco. Ma anche il primo (Michele Ferrero, patron dell'omonimo gruppo dolciario) e il terzo paperone d’Italia (Paolo Rocca, a cui fa capo la conglomerata industriale Techint che controlla la Tenaris) hanno un certo feeling con il Lussemburgo.

Come Luxottica anche la catena di controllo di Ferrero (che non è quotata per cui fuori dai calcoli di cui sopra) finisce in Lussemburgo dato che la cassaforte che controlla l’impero dolciario è la holding Ferrero International S.A.

I legami di Paolo Rocca con il Gran Ducato sono invece un po’ più complessi. Sia la società quotata più importante del gruppo (Tenaris) che la sua diretta controllante San Faustin S.A. hanno sede legale in Lussemburgo. Ma l’ultimo anello della catena di controllo è la Rocca & Partners, holding che in passato ha avuto sede nelle paradiso fiscale delle Isole Vergini britanniche e che oggi è una fondazione con sede in Olanda.

Dalle tasse sulle holding arriva l'80% degli 1,5 miliardi di euro che ogni anno il Lussemburgo incassa sotto forma tasse societarie. Ma quello che sfugge al controllo alle autorità fiscali di tutto il mondo grazie al sistema delle holding lussemburghesi è una cifra certamente maggiore. E lo è proprio in ragione dell’irrisorio carico fiscale che il Gran Ducato garantisce a chi decide di fissare qui la sede legale della sua cassaforte azionaria.

L'autodifesa del presidente della Ue Jean Claude Juncker, rispetto a chi lo ritiene responsabile ultimo della gigantesca operazione di elusione fiscale rivelata dallo scandalo Lux-Leaks, si basa sull'assunto che l'autorità fiscale lussemburghese agisse in autonomia rispetto al governo nello stilare i cosiddetti tax ruling che hanno permesso a un gran numero di multinazionali di tutto il mondo di abbattere il loro carico fiscale grazie ad accordi riservati con il Gran Ducato.

Cosa sono i tax ruling? Sono degli accordi riservati tra una società e un Governo in cui le parti si accordano per stabilire per filo e per segno quanto la prima deve al secondo in termini di tasse.

Prendendo questa argomentazione per buona (e nulla ad oggi suggerisce il contrario) resta tuttavia inconfutabile il fatto che Juncker, che per 20 anni è stato alla guida del Gran Ducato come ministro delle finanze prima e premier poi, sia stato il politico che più ha contribuito a modellare la legislazione fiscale del Paese. A partire proprio dalla riforma delle holding che il Lussemburgo ha varato proprio negli anni del primo mandato di Juncker come ministro delle Finanze.

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