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Questo articolo è stato pubblicato il 30 novembre 2014 alle ore 14:52.

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Il prezzo del petrolio Brent venerdì scorso è sceso sotto la soglia dei 70 dollari al barile. Il Wti è sceso fino a 66 dollari. Oltre la metà rispetto ai massimi record del 2008. La flessione dei prezzi del petrolio, che procede ormai da diversi mesi, si è intensificata negli ultimi giorni dopo che giovedì l'Opec ha rinunciato a contrastare questa svalutazione. Il cartello dei Paesi produttori avrebbe potuto, riducendo l'offerta globale attraverso un taglio della produzione, risollevare le quotazioni del petrolio. Ma ha scelto di non farlo mantenendo invariati gli attuali livelli. Una decisione che rischia di avere un impatto forte sugli equilibri geopolitici mondiali e che ha avuto, e con ogni probabilità continuerà ad avere, pesanti ripercussioni sui mercati.

Vincitori e vinti in Borsa
Il calo del prezzo del petrolio è una sciagura per chi lo vende ma non per chi lo consuma. Un male per le economie molto dipendenti dalle esportazioni di greggio. Un bene per chi invece lo importa. L'Italia ad esempio che, secondo una stima di Intesa Sanpaolo, potrebbe guadagnare uno 0,3% di Pil in più all'anno per ogni calo di 10 dollari del greggio (vedi articolo a fianco). E lo stesso vale per le aziende. Questa settimana, a fronte del tracollo dei titoli energetici, si è vista un'ottima performance in Borsa delle compagnie aeree. Venerdì il titolo Lufthansa ha guadagnato il 4,5% mentre Air France ha messo a segno un rialzo del 6,4 per cento. L'intero settore Viaggi, in una giornata fiacca per le Borse, ha guadagnato l'1,38 per cento. La ragione per cui questo è successo è chiara. Per le compagnie aeree la voce carburante ha un peso specifico notevole. Supera il 20% dei costi operativi nel caso delle big e può anche oltre il 40% nel caso delle compagnie low cost. Ed è chiaro che, come per gli automobilisti, una riduzione della spesa per il pieno vada a tutto vantaggio del bilancio.

Chi perde, come ovvio, è invece il settore energia. Stando alla banca dati S&P Capital IQ nelle ultime cinque sedute le 100 maggiori società energetiche del mondo hanno bruciato qualcosa come 170 miliardi di euro di capitalizzazione. La discesa, a ben vedere, è in atto da tempo. Almeno da metà giugno. Cioè da quando il petrolio ha iniziato a scendere: da allora il Brent si è svalutato del 38% e il valore delle azioni del settore energia è andato a traino perdendo circa il 20 per cento. In termini di capitalizzazione le top 100 hanno bruciato oltre 220 miliardi di euro in cinque mesi. Gli analisti, da parte loro, hanno drasticamente tagliato le loro stime sugli utili. Se a inizio anno il consensus degli analisti di S&P Capital IQ aveva previsto per i titoli energetici quotati a Wall Street una crescita dei profitti del 13,06%, oggi ci si attende un più mesto +3,34 per cento. Per il prossimo anno, che fino a qualche mese fa era previsto in crescita, si stima un calo del 3,64 dei profitti.

Il rischio bolla sullo shale oil
L'Arabia Saudita è il principale azionista dell'Opec e il soggetto che più ha ispirato la decisione di non tagliare la produzione. E lo ha fatto anche perché se lo può permettere dato che ha costi di estrazione più bassi rispetto ad altri Paesi e riesce a mantentere decenti margini di profitto anche agli attuali prezzi. Lo stesso non vale per i produttori americani che, grazie alla tecnologia “shale”, in questi anni sono emersi come i nuovi protagonisti sul mercato. Lo shale oil è molto più costoso e rischia di diventare antieconomico da produrre agli attuali prezzi del greggio. Ciò peraltro mette a rischio la sostenibilità del debito molte aziende del settore hanno contratto per finanziare le estrazioni. Consapevole di questi rischi il mercato ha venduto i bond ad alto rischio del settore energia i cui tassi mediamente sono lievitati dal 5,6% di inizio anno al 7,3% attuale. Il rischio default dello shale gas è una minaccia per tutto il mercato dei bond ad alto rischio. Ad oggi circa il 16% del mercato americano da mille e 300 milioni di dollari dei cosiddetti bond spazzatura fa riferimento al settore energetico.

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