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Questo articolo è stato pubblicato il 02 dicembre 2014 alle ore 07:20.
L'ultima modifica è del 02 dicembre 2014 alle ore 07:29.

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TOKYO – Se per il premier Abe e l'Abenomics il declassamento del debito sovrano del Giappone deciso ieri da Moody's è stata una amara sorpresa, si profila invece una novità positiva: il Giappone non è in recessione. È quanto indica Nomura Securities, secondo cui il Prodotto interno lordo del terzo trimestre il prossimo 8 dicembre, sarà rivisto al rialzo rispetto alle stime preliminari, tornando in territorio positivo. Così il Paese non potrà essere considerato in recessione, visto che non ci sarà più la sequenza di due trimestri consecutivi di Pil a passo del gambero.

Rispetto al -1,6% annualizzato indicato in via preliminare, Nomura prevede un Pil del terzo trimestre in crescita annualizzata dello 0,2%, in base ai Fcci (Financial Statements Statistics of Corporations by Industry) e ad altri dati rilasciati dopo il 17 novembre. Se così sarà, la “recessione” giapponese sarà durata solo 21 giorni: il tempo intercorso tra stime preliminari e dati più precisi. Gli analisti della banca d'affari attribuiscono la revisione in vista soprattutto a una valutazione più ottimista degli investimenti di capitale delle imprese: il capex effettivo dovrebbe passare da -0,2% a +0,9 sul trimestre precedente. Anche gli aggiustamenti delle scorte avranno un impatto meno negativo, così come dovrebbe essere comunicato un leggero rialzo degli investimenti pubblici.

Lo schieramento governativo tirerà un sospiro di sollievo, visto che la buona novella arriverà a pochi giorni dalle elezioni anticipate del 14 dicembre. All'interno della coalizione al potere, c'è chi è furioso con Moody's e la accusa di essere intervenuta a gamba tesa nella campagna elettorale (iniziata ufficialmente oggi) per il rinnovo della Camera Bassa, con la decisione umiliante di far perdere al Paese la doppia A, portando il suo rating ad A1, un livello inferiore a quello di Cina e Corea del Sud. Un’eco di polemiche di un passato non tanto lontano, quando le agenzie di rating venivano accusate di aggravare la situazione di alcuni Paesi bastonandoli proprio nei momenti più delicati. Tra l'altro, i “rigoristi” di tutto il mondo esultano, perché da Moody's è arrivata una punizione per l'atteggiamento di flessibilità fiscale di un Paese fortemente indebitato.

L'agenzia rivale, Standard & Poor's, nel confermare il rating attuale del Giappone, ha riconosciuto che nessuno sa, tra riduzione del debito e crescita economica, che cosa sia più difficile conseguire, e che il solo aumento delle imposte non potrà risolvere l'esigenza di ridurre l'indebitamento. Come nel caso del precedente downgrading di Moody's del 2011, comunque, i mercati non paiono affatto scossi. Anzi lo yen, dopo forti oscillazioni, non si è indebolito, ma ha preso a rafforzarsi, visto che alcuni operatori temono che ora sarà più difficile per la banca centrale procedere a eventuali ulteriori allentamenti monetari.

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