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Questo articolo è stato pubblicato il 03 dicembre 2014 alle ore 12:22.
L'ultima modifica è del 03 dicembre 2014 alle ore 12:31.

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Saipem prova a risalire la china a Piazza Affari dopo il tonfo di ieri innescato dall’annuncio del presidente russo Vladimir Putin di uno stop al gasdotto South Stream, il progetto che promette di portare il gas di Mosca fino all’Europa centrale via Balcani passando sotto il Mar Nero e aggirando l’Ucraina. La controllata di Eni, che ieri ha lasciato sul terreno quasi l’11%, bruciando in una sola giornata 500 milioni di capitalizzazione, viaggia al momento a 10,06 euro, a +0,30%, dopo aver toccato in mattinata anche un +1,5 per cento.

Saipem: nessuna comunicazione formale da Mosca
Il ciclone provocato dallo stop di Putin, seguito a stretto giro da un’analoga presa di posizione del numero uno di Gazprom, Alexey Miller («il progetto è chiuso», ha detto ieri il top manager), ha riportato il titolo di Saipem ai minimi da dicembre 2008. La società guidata da Umberto Vergine si è aggiudicata tre contratti per complessivi 2,5 miliardi di euro circa che ora rischiano di saltare. Nessuna comunicazione formale di cancellazione della commessa è arrivata fino a questo momento a San Donato Milanese, quartier generale di Saipem.

L’ad Vergine: «Nel 2015 a rischio 1,2 miliardi di ricavi per eventuale stop»
In un’intervista pubblicata oggi dal Sole 24 Ore, il ceo Vergine ha spiegato che è difficile valutare al momento l’impatto di un eventuale stop al progetto, ma ha anche aggiunto che, se si dovesse bloccare il South Stream, ciò si tradurrebbe in un mancato ricavo per il 2015 pari a 1,25 miliardi di euro. «È un progetto importante - ha sottolineato il manager - e uno stop porterebbe a una carenza di margini di significativa e a un fermo delle navi con relativo costo». L’annuncio di Putin è arrivato nello stesso giorno in cui una delle navi piattaforma impegnate nel progetto, la Castoro 6, aveva lasciato la Bulgaria alla volta della Russia per cominciare la posa dei tubi in acque poco profonde.

Strada in salita nel 2015 anche per il calo del prezzo del greggio
Il numero uno Vergine ha chiarito che «tutte le clausole contrattuali coprono bene tutte le evenienze. Tuttavia, se il gasdotto fosse bloccato, non ci sarebbe solo un’erosione dei margini, garantiti solo in parte, ma bisognerebbe tener conto anche del fermo prolungato dei mezzi. E sarebbe tardi per provare a riutilizzarli su altri progetti visto che, per l’estate prossima, è già stato tutto predisposto dai vari operatori». L’eventuale stop al South Stream rischia quindi di impattare sul 2015 che dovrà scontare anche la dinamica ribassista del prezzo del greggio. «Il 2015 doveva essere l’anno in cui consolidare la performance e, invece, la strada sarà ancora in salita - ha detto ancora il ceo -. Se poi consideriamo anche il calo del prezzo del greggio, l’impatto di questi fattori non sarà marginale».

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