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Questo articolo è stato pubblicato il 10 dicembre 2014 alle ore 07:15.
L'ultima modifica è del 10 dicembre 2014 alle ore 16:07.

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(Afp)(Afp)

A spaventare ieri i mercati di mezzo mondo è stata la possibilità che la sinistra radicale di Syriza possa vincere le elezioni anticipate in Grecia. Un evento interno a un Paese che vale appena il 2% del Pil europeo e che non dovrebbe creare particolari tensioni. Un’ipotesi che, invece, ha mandato in tilt Borse e mercati di mezzo mondo in ansia sui destini di Atene.

Perché questo timore? I mercati temono che il leader di Syriza, Alexis Tsipras, una volta vinte a piene mani le elezioni politiche anticipate in Grecia, dopo aver vinto quelle europee di maggio, possa mettere i creditori internazionali di fronte a una scelta drammatica: o mi aiutate a ridurre il peso del debito pubblico ellenico che oggi ha raggiunto il 175% del Pil attraverso una ristrutturazione del 70-80% del debito e mi rendete meno pesanti le politiche di austerità conseguenti, oppure potremmo lasciare la moneta unica. In entrambi i casi sarebbe un precedente pericoloso perché aprirebbe il vaso di Pandora di un’unione fiscale (indesiderata dai Paesi nordici) o della possibilità di uscire dall’euro (minacciata dai Paesi mediterranei). Due veti incrociati che rischiano di implodere ad Atene.

Il fatto è che la sinistra radicale di Alexis Tsipras si conferma in testa ai sondaggi popolari. Le elezioni potrebbero svolgersi a febbraio, e Syriza, che gli istituti demoscopici greci danno intorno al 27%, risulterebbe il primo partito del Paese.

Si badi bene: il partito di Tsipras non è contrario all'euro o all’Unione europea, ma, come hanno spiegato alcuni suoi emissari in un recente road show svoltosi alla City di Londra presso le banche d’affari, è nemico delle politiche di austerità a oltranza ed è determinato a ottenere la cancellazione del 70-80 % o almeno parziale del debito pubblico della Grecia per ridurre a sua volta il peso del pagamento degli interessi pari a sette miliardi di euro all’anno.

Dopo sei anni di crisi economica e recessione profonda che hanno visto Atene sull’orlo del fallimento ora il Paese rischia di trovarsi di nuovo al punto di partenza, e forse anche peggio, a causa di una classe politica che non sembra essere consapevole pienamente dei reali interessi del Paese e della partita in gioco.

A far precipitare la situazione - già precaria a causa delle richieste della Troika (Ue, Bce e Fmi) di nuove misure di austerità per 2,5 miliardi di euro con un aumento dell’Iva e dell’età pensionabile - è stato l'annuncio a sorpresa del portavoce Sofia Voultepsi del premier conservatore Antonis Samaras di avviare il 17 dicembre l’iter parlamentare per l’elezione del nuovo Presidente della Repubblica in sostituzione di Karolos Papoulias, un vecchio partigiano della Guerra di liberazione dai nazi-fascisti. Se non si dovesse raggiungere il quorum dei due terzi in Parlamento nelle prime tre votazioni, evento molto probabile, Samaras dovrebbe aprire la strada ad elezioni anticipate e il rischio politico aumenterebbe come tesimoniano i rendimenti del bond decennali, balzati al 9%.

Samaras ha candidato Stavros Dilmas, 73 anni, un ex ministro degli Esteri ed ex commissario Ue all’Ambiente, un tecnico che non raccoglie affatto l'unanimità dei consensi e non è nemmeno molto conosciuto a livello popolare. Secondo la stampa greca, il messaggio del premier a Tsipras è chiaro: «Se volete il caos, andiamo pure alle urne. Ma se volete assumervi le vostre responsabilità, votate per il candidato del governo». Tsipras sta facendo quello che Samaras ha fatto con l’ex premier socialista George Papandreou quando questi gli chiedeva sostegno alle politiche di austerità e quest’ultimo le rifiutava salvo poi seguirle quando divenne primo ministro a sua volta.

L'annuncio di Samaras ha avuto un impatto negativo sui mercati, facendo crollare la Borsa di Atene del 12,7%, il tonfo peggiore negli ultimi 27 anni, nonostante l'Eurogruppo abbia dato due mesi di respiro in più alla Grecia per giungere ad un accordo con la troika.

Dal canto suo, il partito socialista Pasok - che insieme con Nea Dimokratia (centro-destra) di Samaras forma l'attuale governo di coalizione con 155 voti su 300 del parlamento - sostiene che «il leader di Syriza vuole cancellare tutto quello che è stato ottenuto sinora con i sacrifici del popolo greco». Tsipras respinge qualsiasi intesa con l’esecutivo: «L’unico punto sul quale possiamo concordare con Samaras è la data delle elezioni», ha tagliato corto il leader di Syriza, certo di avere la possibilità storica, per un partito che contava appena il 4,5% dei voti due anni fa, di diventare il prossimo premier ellenico sulle orme di Andreas Papandreou, il primo leader socialista greco a sconfiggere un governo di centro-destra dopo la dittatura dei colonnelli.

Così come Samaras insegue le orme di Karamanlis, Tsipras si ispira all’ideatore del Pasok, Andreas Papandreou, ma nel frattempo sono cambiati i tempi: non si tratta di gestire l’età della redistribuzione del reddito ma quella dell’austerity e dei sacrifici.

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