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Questo articolo è stato pubblicato il 10 dicembre 2014 alle ore 17:04.
L'ultima modifica è del 11 dicembre 2014 alle ore 15:34.

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Titoli di Stato a livelli record nei forzieri delle banche italiane. Secondo quanto riferisce la Banca d'Italia, gli istituti di credito italiani hanno investito ad ottobre 18,4 miliardi di euro in BTp, portando gli asset governativi al livello mai raggiunto prima di 414,3 miliardi di euro. I nuovi acquisti in Buoni poliennali del Tesoro rappresentano i due terzi di quei 26 miliardi di euro che gli istituti italiani hanno preso in prestito dalla Banca centrale europea nell'asta Tltrlo del settembre scorso.

Denaro che è andato a sostenere dunque il debito pubblico domestico, invece che nell'economia reale, com'era negli intendimenti originari del piano della Bce. Ma che per le banche ha rappresentato una sorte di “carry trade” (debito a tassi bassi e investimenti a tassi più alti) utile a dare linfa ai conti degli istituti di credito italiani (tra i più penalizzati a livello continentale, dagli stress test della stessa Bce): quasi mezzo miliardo di euro di rendimenti, incassati complessivamente da tutti gli istituti con l'operazione Tltro di settembre.

È appena il caso di sottolineare che l'attuale livello record di investimenti delle banche in titoli di Stato italiani ha doppiato i livelli del 2011: nel pieno della crisi nei forziedi degli istituti italiani c'erano 209,64 miliardi di euro, saliti a 331,1 miliardi l'anno successivo, per poi lievitare a 387,44 miliardi di euro a fine 2013. Complessivamente nelle casse delle istituzioni finanziarie i BTp rappresentano il 10,8% del patrimonio complessivo a fine ottobre: la fetta maggiore a partire dal novembre 1999, ossia dall'inizio della serie storica dei dati Bce. Il confronto con gli altri paesi non lascia dubbi sulla sovraesposizione di titoli di Stato nei portafogli bancari: in Spagna i Bonos pesano per il 9,5% degli asset complessivi, le banche tedesche hanno solo il 3,3% del loro patrimonio investito in Bund, mentre la media europea vede attestarsi i titoli domestici al 4,5% del portafoglio.

L'insufficiente disponibilità delle banche a immettere liquidità nel mercato finanziario va di pari passo con le difficoltà del Paese di uscire dalla recessione e con il peggioramento della qualità del credito: quello deteriorato è cresciuto nell'ultimo anno del 19% portando le sofferenze bancarie al livello record di 179,3 miliardi di euro, secondo quanto riferito dalla Banca d'Italia. Difficile per le banche assumersi altri rischi: la liquidità invece che in investimenti produttivi e in prestito alle imprese finisce nei BTp, contribuendo a peggiorare la situazione economica complessiva del paese.

Vista l'accresciuta dipendenza tra i debiti sovrani e i portafogli delle banche, la Bce ha assunto un ruolo di supervisione nell'erogazione del credito, spingendo gli attori finanziari a immettere liquidità nel sistema delle imprese e a ripristinare la fiducia nel sistema. La prima asta Tltro, a conti fatti, sembra non sia riuscita a ottenere questo risultato: per questo Mario Draghi ha annunciato che in occasione delle prossime aste i prestiti erogati da Francoforte saranno vincolati a credito e investimenti nell'economia reale.

In questo circolo vizioso, un effetto positivo non può non essere sottolineato: con un calo costante dei rendimenti dei BTp grazie agli annunci di Francoforte sulla stabilizzazione del mercato del credito, il Tesoro italiano deve pagare interessi sul debito più contenuti: dagli 86 miliardi di euro l'anno subito dopo la crisi l'esborso per via XX settembre era sceso lo scorso anno a 80 miliardi. Cifra che andrà a ridursi ulteriormente grazie alla discesa dei BTp fino (e oltre) il 2%: secondo quanto stimato dal ministro dell’Economia Pier Calro Padoan, il Tesoro risparmierà nel 2015 2,8 miliardi di euro. Il che comporta un alleggerimento della pressione fiscale almeno dal fronte del debito: ma che non necessariamente si traduce in una minore pressione fiscale per il contribuente.

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