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Questo articolo è stato pubblicato il 12 dicembre 2014 alle ore 09:49.
L'ultima modifica è del 12 dicembre 2014 alle ore 16:16.

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Petrolio e rublo procedono a braccetto verso nuovi minimi, a un ritmo impensabile fino a poche settimane fa. A spingere al ribasso il greggio è stato oggi l’ennesimo taglio alle stime sulla domanda mondiale da parte dell’Agenzia internazionale dell’energia, mentre la moneta russa continua a precipitare nonostante la difesa a oltranza della Banca centrale.

Il petrolio a sua volta sta mandando al tappeto il rublo. Nulla di strano se si pensa che il 68% dell’export di Mosca e circa la metà delle entrate del budget federale russo provengono dal settore dell’oil & gas. La caduta del greggio indebolisce l’economia russa, già provata dalle sanzioni occidentali e finita pericolosamente in zona recessione, e sul cambio.

Petrolio sui nuovi minimi
Sul mercato delle materie prime le quotazioni del petrolio continuano a cadere senza tregua. I contratti sul greggio Wti con scadenza a gennaio sono scesi al di sotto dei 59 dollari al barile e il brent ha sfondato al ribasso il muro dei 63 dollari. Il greggio quotato a New York ha perso quasi il 10% questa settimana e circa il 45% da giugno, quando il prezzo del barile si muoveva intorno a 107 dollari. Un vero e proprio tracollo.

L’Aie taglia ancora le stime
Oggi il fattore scatenante è stato il rapporto mensile dell’Agenzia internazionale per l’energia (Aie), che ha ridotto, per la quarta volta in cinque mesi, le sue stime sulla domanda mondiale: prevede che i consumi globali aumenteranno di 900mila barili al giorno, 230mila in meno della precedente stima. Con queste premesse, l’Aie ritiene che il prezzo del greggio resterà sotto pressione anche il prossimo anno: «Ci vorrà del tempo - afferma il rapporto mensile - prima che offerta e domanda rispondano al crollo dei prezzi». Ciononostante, l’Opec ha deciso lo scorso 27 novembre di lasciare invariate le quote, una mossa che ha accelerato la fuga dal greggio.

Il rublo è senza rete
Se il petrolio cade, il rublo crolla. Oggi la valuta russa ha battuto l’ennesimo record negativo sul dollaro a quota 57 , mentre quella europea ha toccato i 71,7 rubli (qui il cambio euro-rublo in tempo reale). All’inizio di ottobre il cambio sull’euro era ancora intorno a quota 50: è dunque precipitato di oltre un terzo in soli due mesi. Questo nonostante la Banca centrale russa abbia speso da inizio anno circa 80 miliardi di dollari per tenere a galla il rublo e proprio ieri abbia alzato i tassi d’interesse di 100 punti base. I rendimenti russi sono ora i più alti tra i grandi mercati emergenti dopo quelli del Brasile: il tasso di riferimento è infatti al 10,5% (in Brasile è all’11,75%), un valore che però sconta il crescente rischio Paese.

Banca centrale in trincea
Secondo alcuni trader citati dall’agenzia Reuters stamane la Banca centrale è intervenuta nuovamente sul mercato con acquisti per 700 milioni di dollari, dopo i 4,5 miliardi spesi la settimana scorsa, ma l’ondata ribassista ha prevalso ancora una volta. L’unica, magra consolazione per Mosca, viene dal fatto che la svalutazione del cambio aumenta il valore contabile delle entrate petrolifere una volta che vengono convertite da dollari in rubli. Ma gli effetti negativi appaiono ben più pesanti: dall’inflazione che viaggia verso la doppia cifra per effetto dell’impennata dei prezzi all’import, all’economia che non cresce più, alle imprese e banche che nei prossimi 12 mesi hanno in scadenza 100 miliardi di obbligazioni in dollari. Secondo gli analisti di Société Générale, il cambio del rublo resterà su questi livelli fino alla metà del prossimo, per poi risalire gradualmente nel secondo semestre e arrivare a fine 2015 a quota 61 sull’euro e 54 sul dollaro.

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