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Questo articolo è stato pubblicato il 18 dicembre 2014 alle ore 06:39.
L'ultima modifica è del 18 dicembre 2014 alle ore 08:31.

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Via libera al voto plurimo, pur con qualche correttivo. Le banche italiane aprono alla riforma dei meccanismi di voto contenuta nel Dl Competitività: è quanto emerge dal parere inviato nei giorni scorsi dagli istituti a Consob e ratificato ieri al termine del Comitato esecutivo dell’Abi, riunitosi a Milano.

Il position paper firmato dall’Associazione delle banche italiane è stato trasmesso nei giorni per rispettare le scadenze imposte da Consob sulla consultazione. Di fatto il documento approva le linee guida previste dall’Authority anche se mette in evidenza alcune criticità.

Per capire bene di cosa si tratta, val la pena di fare un passo indietro. Nel corso dell’estate, con il Decreto Competitività, il legislatore ha previsto che le società quotate o in via di quotazione possano introdurre una modifica all’interno del loro statuto con cui possono emettere azioni a voto maggiorato (con un limite fino a un massimo di due voti) a beneficio degli azionisti più stabili, ovvero coloro che abbiano tenuto in mano le azioni per un periodo non inferiore ai 24 mesi. Affinché le modifiche statutarie siano efficaci devono essere approvate nel corso di un’assemblea straordinaria con il voto positivo della maggioranza qualificata dei votanti. Il legislatore ha però previsto una corsia preferenziale - che prevede la maggioranza semplice - per coloro che vogliano introdurre il voto plurimo entro il 31 gennaio.

In questo quadro, le banche hanno dato il loro contributo alla consultazione pubblica aperta da Consob per procedere alla definizione del nuovo regolamento emittenti che, a quanto risulta al Sole 24 Ore, verrà emanato verso metà gennaio 2015.

Le modifiche proposte dalle banche italiane vertono sulle modalità con cui si può verificare il possesso continuato dall’azionista per almeno due anni, le modalità di gestione del registro “speciale” in cui inserire gli azionisti “plurimi”, così come il processo di verifica dei flussi informativi tra i diversi stakeholder. Gli istituti hanno inoltre chiesto di chiarire meglio il superamento “attivo” della soglia di rilevanza e le relative conseguenze sulla disciplina dell’Opa, sia rispetto al superamento “passivo” della soglia di rilevanza (ovvero indipendente dalla volontà dell’azionista) sia in caso di acquisto “indiretto”.

La riforma del “voto multiplo” può impattare in maniera decisiva sulla governance di tutte le società. Ma ad essere interessate in maniera particolare sono proprio le banche, e in particolare le popolari, dopo che la recente ondata di aumenti di capitale (11 miliardi nel 2014), l’ingresso nel capitale dei fondi di investimento e il contestuale indebolimento delle Fondazioni bancarie hanno mutato gli equilibri di potere interni agli istituti. Le banche che dovessero introdurre le modifiche nei loro statuti rafforzeranno infatti il peso degli investitori di più lunga permanenza, a scapito di quelli più speculativi.

Ora si tratta di vedere quali banche decideranno di introdurre il voto plurimo al loro interno (si veda articolo sotto). Alcuni consigli di amministrazione stanno esaminando il tema, altri lo faranno. Un segnale di sostanziale cautela è rappresentato da un dettaglio decisivo: fino ad oggi nessuno ha indetto un’assemblea straordinaria da tenersi entro il 31 gennaio prossimo. Considerato che occorre un preavviso di 40 giorni per convocare l’assise straordinaria, bisognerebbe muoversi al più tardi entro il 20 dicembre per sfruttare la corsia preferenziale dell’approvazione rapida (con una maggioranza semplice). Ad oggi solo Astaldi ha colto questa opportunità. Le società che vorranno introdurre il voto multiplo in futuro potranno farlo solo con il supporto di una maggioranza qualificata.

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