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Questo articolo è stato pubblicato il 12 gennaio 2015 alle ore 09:47.
L'ultima modifica è del 13 gennaio 2015 alle ore 07:35.

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Arriva tardi, sarà (forse) insufficiente e pasticciato quando a efficacia e dimensioni, ma arriverà. E presto. Il mercato lo dà per certo: il bazooka della Bce, con l'acquisto di titoli pubblici, verrà messo in campo nella prossima riunione del 22 gennaio. Del resto il termometro, o meglio il sismografo delle Borse, lo segnala con particolare sensibilità. È bastato che l'altro giorno Draghi si riferisse ai bond sovrani nel preparare il terreno al Quantitative easing (Qe) in salsa europea, per far scattare immediatemente al rialzo i listini. Così come è bastata l'indiscrezione su un piano da “soli” 500 miliardi, anziché i mille attesi dal mercato per provocare il ritracciamento delle Borse. La solita cupidigia degli operatori finanziari che invocano ormai da più di un lustro sempre più stimoli monetari per far correre i loro investimenti, verrebbe da dire.

Ma è così. I veri beneficiari delle manovre espansive non convenzionali delle banche centrali sono proprio i mercati. Con l'unica eccezione degli Stati Uniti e della Gran Bretagna, dove accanto alle massicce iniezioni di liquidità sono state realizzate politiche fiscali altrettanto espansive, gli interventi d'acquisto di titoli non hanno prodotto granché. Basti pensare al Giappone dove la Borsa di Tokio è stato di fatto il beneficiario assoluto dell'Abenomics. E certo la ripresa è tangibile e forte negli Usa, anche grazie all'attivismo di “mamma” Federal Reserve, ma il segnale più imponente è stato il triplicarsi del valore di Wall Street. Questo per dire che la cura massiccia della liquidità, praticata a più riprese per riavviare i motori dell'economia, ha avuto il suo effetto più pieno nel drogare letteralmente gli asset finanziari. Ecco perché è facile intuire che il Qe di Francoforte finirà per trascinare all'insù le Borse, in particolare del Sud Europa, e dentro a quei listini saranno le banche italiane, spagnole, portoghesi e greche a mettersi a correre.

Ma sarà un cammino denso di volatilità da qui all'avvio del piano di acquisto di bond. Saranno divisi per peso specifico per Paese? Saranno concentrati solo sui rating maggiori, o includeranno tutti i bond fino alla tripla BBB cioè tutti i livelli di investment grade? La dimensione degli acquisti arriverà ai mille miliardi o si fermerà a cifre simboliche? Attorno a queste domande i listini si muoveranno a elastico nelle prossime settimane. Se è assodato che la nuova liquidità beneficerà la ricchezza finanziaria di chi investe in Borsa e bond, difficile capire se il bazooka della Bce sarà altrettanto efficace a ridare fiato all'economia europea. Molti analisti sono scettici. Finora le manovre di stimolo monetario della Bce si sono infrante nel nulla. Sia l'Ltro da mille miliardi, sia le aste Tltro sono state un semi fiasco.

La liquidità si è fermata al sistema bancario e non si è trasmessa all'economia reale. Le banche hanno fatto incetta di titoli pubblici trasformandosi in tesorerie finanziarie. Del resto la domanda di credito è bassa e il rischio di credito non è mai stato così alto. E quella liquidità a bassissimo costo non viene spesa, come ricorda Alberto Gallo di Rbs, neanche da governi e imprese. Le imprese non investono, i governi non spendono: il deficit europeo, imbrigliato nella tagliola di Maastricht, è al 3%, meno di un terzo di quando gli Usa lanciarono il loro Quantitative easing.

L'unico effetto visibile del Qe europeo, oltre all'apprezzamento delle Borse è, e sarà, quello della svalutazione della moneta unica. Sta già avvenendo e la futura manovra di Francoforte aiuterà l'euro a restare debole sul dollaro, dando una mano alle esportazioni europee. Oltre alle banche, che si libereranno con laute plusvalenze dei bond governativi che hanno accumulato in questi anni, saranno i titoli industriali esposti ai mercati mondiali a beneficiarne. Per tirare fuori l'Eurozona dalle secche della stagnazione però, servirà ben altro che il Qe di Francoforte.

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