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Questo articolo è stato pubblicato il 16 gennaio 2015 alle ore 15:07.
L'ultima modifica è del 16 gennaio 2015 alle ore 22:21.

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(Reuters)(Reuters)

La mossa choc della Banca centrale svizzera si riverbera nel mondo della finanza globale. E fa le prime vittime tra i broker, da New York a Londra fino alla Nuova Zelanda, ma danneggia anche i conti delle grandi banche.

Il newyorkese Fxcm, il più grande gruppo americano di trading valutario, è in piena tempesta. Il gruppo ha ammesso che potrebbe aver violato i requisiti minimi di capitale imposti dalle autorità di regolamentazione americane dopo che i suoi clienti hanno accusato pesanti perdite sul franco svizzero, nell’ordine di 225 milioni di dollari. Il titolo nel pre-Borsa era arrivato a perdere fino al 90%, con 9,5 milioni di azioni scambiate, poi è stato sospeso. «Senza un aumento di capitale immediato Fxcm non sarà in grado di continuare le sue operazioni», ha avvertito Credit Suisse in una nota ai clienti. Secondo quanto anticipato in serata da Bloomberg e Cnbc, Leucadia National, società controllata dalla banca d’investimento Jefferies, ha concluso un accordo per fornire un prestito da 300 milioni di dollari tale da consentire a Fxcm di sopravvivere e di rispettare i requisiti patrimoniali americani.

Anche in Europa soffiano venti minacciosi sugli operatori, e non solo. Il broker sui cambi Alpari Uk (sponsor della squadra di calcio del West Ham) ha dichiarato oggi lo stato di insolvenza sul suo sito internet motivandola con «l'eccezionale volatilità e l'estrema mancanza di liquidità» provocata dalla mossa a sorpresa decisa giovedì dalla Banca centrale svizzera, che ha sganciato il franco svizzero dal tetto di 1,20 con l'euro.
La tempesta finanziaria che ha scatenato sul mercato ha causato ingenti perdite alla maggioranza dei clienti del broker, perdite «cha hanno superato i rispettivi accrediti». «Quando un cliente non può coprire la sua perdita la trasmette a noi» scrive Alpari Uk che, di conseguenza, ha dichiarato lo stato di insolvenza. I fondi della clientela retail restano al riparo secondo le regole fissate dalle Autorità, conclude la nota di Alpari.

Secondo fonti confidenziali citate dall’agenzia Dow Jones, l’improvvisa fine del tetto di 1,20 tra franco ed euro è costata 150 milioni di dollari a Deutsche Bank e meno di 100 milioni a Barlcays. Le due banche non hanno confermato.

In Nuova Zelanda il maggiore dealer valutario è stato costretto a chiudere i battenti. L’impennata del franco, ha dichiarato, ha spazzato via il capitale di gran parte dei suoi clienti con posizioni sul franco svizzero e lo ha quindi messo nelle condizioni di non poter rispettare il requisito minimo di capitale di un milione di dollari neozelandesi. Altri operatori, dalla svizzera Swissquote alla danese Saxo Bank, si stanno “leccando le ferite” e stanno cercando di capire a quanto ammontano le rispettive perdite dopo la giornata di panico di ieri.

Il trading sulle valute ha conosciuto un vero e proprio boom negli ultimi anni, favorito dallo sviluppo di Internet e dalla nascita di centinaia di siti di trading online. Questi operatori sono però stati criticati per la maniera spesso disinvolta con cui consentono ai clienti di investire con una leva di multipli rispetto al capitale che mettono a disposizione, spesso anche 100 o 500 volte il capitale. In questo modo, guadagni - ma anche perdite - vengono amplificati in modo esponenziale. Si stima che ogni giorno nel mondo vengano scambiati oltre 4mila miliardi di dollari sul mercato valutario.

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