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Questo articolo è stato pubblicato il 16 gennaio 2015 alle ore 08:10.
L'ultima modifica è del 16 gennaio 2015 alle ore 18:30.

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Qualcuno forse ricorderà il caso dei mutui stipulati in Ecu, che negli anni 90 della «liretta» avevano messo in ginocchio migliaia di famiglie italiane, costringendo l’Abi a intervenire per ristrutturare il debito e al­ lungare le scadenze. Con il franco svizzero il fenomeno è per fortuna più circoscritto, ma il meccanismo di fondo è lo stesso: con la prospet­tiva di pagare tassi più bassi (il Libor sulla valuta elvetica è più basso dell’Euribor) ci si è fatti allettare dalle proposte di alcune banche.

L’illusione del mini-tasso
Peccato però che rate e debito residuo siano automaticamente ri­calcolate nella divisa svizzera e che l’apprezzamento di quest’ultima nei confronti dell’euro abbia nel frattempo fatto lievitare questi va­lori per le tasche delle nostre fami­glie, in modo tale da annullare completamente i benefici del miglior tasso. Anzi, ipotizzando di aver sti­pulato un finanziamento variabile da 100mila euro ventennale a metà del 2007 (cioè nel periodo d’oro dei mutui) quello in franchi svizzeri sa­rebbe finora costato quasi 6mila euro in più in termini di sole rate ver­sate rispetto a uno «classico» in euro.

Il paradosso del debito residuo che aumenta
Non solo: se uno volesse estinguerlo oggi servirebbe l’equivalen­te di 106 mila euro (contro i 70mila del mutuo in euro), vale a dire più di quanto si è preso a prestito 8 anni fa e magari anche più di quanto valga l’immobile stesso. Tutto questo perché il cambio euro/franco, che si aggirava attorno a 1,60 all’epoca della stipula, oscilla oggi nuova­mente vicino alla parità. Quel pro­blema che era momentaneamente finito in secondo piano con l’ancoraggio a quota 1,20 rischia quindi di tornare prepotentemente d’attualità con la moneta svizzera di nuovo libera di fluttuare.

Tempi lunghi per la class action
Il problema è che i rimedi non sono poi molti per chi è rimasto invischiato nella faccenda: scartata l’ipotesi dell’intervento «sistemi­co» come 20 anni fa, dato che i numeri sono decisamente più limitati, qualcuno ha cercato la via del tribunale per risolvere la questione. So­no tre infatti le class action intenta­te da poco meno di un centinaio di mutuatari che a suo tempo avevano sottoscritto il «mutuo in euro indicizzato al fran­co svizzero» proposto da Barclays, ma i tempi rischiano di andare perle lunghe visto che le conclusioni sul procedimento in stato più avanzato, seguito dallo studio legale Landi e Bertinelli, sono state rinviate al dicembre del 2016.

I dubbi dell’Arbitro bancario finanziario
I ricorrenti sostengono di aver scoperto soltanto al momento del­la richiesta di estinzione anticipata di dover rimborsare cifre spropositate e in generale lamentano un di­fetto di informazione da parte della banca, che ha sempre fornito estratti e piani di ammortamento in euro: un vizio esaminato anche dall’Arbitro bancario finanziario, che in alcune sentenze (ma non in tutte) ha accolto i ricorsi dei clienti che accusavano Barclays di scarsa trasparenza. La questione, insomma, è ancora lontana da una soluzione: l’unica consolazione è che con i tassi europei ridotti a zero, il mutuo in valuta ha perso appeal e le banche hanno praticamente ritirato dal mercato questo tipo di prodotti che si sono poi rivelati una trappola per chi non percepisce anche lo stipendio nella stessa moneta.

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