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Questo articolo è stato pubblicato il 17 gennaio 2015 alle ore 10:03.
L'ultima modifica è del 17 gennaio 2015 alle ore 10:21.

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«Per essere efficace, l'acquisto di titoli di Stato da parte della Banca centrale europea dev'essere grande». Così Benoit Coeuré, uno dei membri del consiglio esecutivo della Bce più vicini al presidente Mario Draghi e l'uomo che, come responsabile delle operazioni di mercato, dovrà coordinare gli acquisti, in base al programma di quantitative easing (Qe), che con ogni probabilità verrà deciso dal consiglio giovedì prossimo. Coeuré ha detto anche che la Bce terrà conto dell'esperienza della Federal Reserve americana e della Banca d'Inghilterra, il che potrebbe voler dire che l'istituto di Francoforte potrebbe ricalibrare in un secondo tempo quantità e modalità del Qe, a seconda dei primi risultati.

L'importo degli acquisti potrebbe essere quindi superiore alle attese dei mercati finanziari, che pensano ad almeno 500 miliardi di euro (secondo alcuni economisti di mercato, la Bce potrebbe arrivare a 700-800, eventualmente con l'inclusione di titoli di enti sovrannazionali europei e di obbligazioni societarie), possibilmente in virtù di uno scambio con gli oppositori del Qe in consiglio, cui verrebbe concesso che almeno una parte del rischio venga sopportata dalle banche centrali nazionali. Secondo una versione riferita ieri dal settimanale tedesco “Der Spiegel”, anzi, la banca centrale di ogni singolo Paese acquisterà e manterrà sui propri libri solo i titoli del proprio Paese: si tratterebbe della soluzione presentata da Draghi al cancelliere tedesco, Angela Merkel, in un incontro a Berlino mercoledì, di cui il Sole 24 Ore ha dato notizia giovedì e che ieri è stato confermato dal portavoce del governo tedesco. All'incontro ha partecipato il ministro delle Finanze, Wolfgang Schaeuble. Non è dato sapere se Draghi abbia fornito personalmente le stesse informazioni agli altri 18 capi di Governo dell'Eurozona.

Sempre secondo il settimanale, verrebbe imposto un limite massimo agli acquisti pari al 20 o 25% del volume del debito pubblico di ciascun Paese. La Grecia verrebbe in un primo momento esclusa dagli acquisti in quanto non ha un rating “investment grade” e il suo programma economico, in scadenza, è in limbo in attesa delle elezioni del 25 gennaio e della formazione di un nuovo Governo.

Non sorprendentemente, in un'intervista allo stesso “Spiegel”, uno degli alleati del presidente della Bundesbank, Jens Weidmann, nell'opposizione al Qe, il governatore della Banca olandese, Klaas Knot, si è detto favorevole: «Se ciascuna banca centrale nazionale acquista solo debito del proprio Stato, sarebbe inferiore il rischio che si produca una redistribuzione dei rischi finanziari». Questa soluzione, proposta pubblicamente per primo dallo stesso Weidmann, andrebbe incontro ai timori dei tedeschi e dei loro alleati di poter essere costretti a pagare per il debito altrui in caso di default di un Paese dell'Eurozona.

L'effetto più rovinoso della mancata condivisione del rischio sarebbe, secondo molti osservatori, un segnale di implicita accettazione della frammentazione dell'unione monetaria, proprio quello che la Bce ha cercato di ridurre negli ultimi due anni. «Sarebbe di fatto una dichiarazione – scrive Guntram Wolff, direttore della think tank di Bruxelles, Bruegel – che la Bce non può agire ed acquistare titoli di Stato come istituzione dell'area euro nell'interesse, e per conto, dell'intera area. Minerebbe gravemente la credibilità della Bce». Secondo David Wessel, della Brookings Institution, il centro studi di Washington, «se apparirà che la Bce ha dovuto diluire la sua versione del Qe per far contenti i tedeschi e i loro alleati, sarà meno probabile che il Qe abbia gli effetti desiderati sulle aspettative d'inflazione e sulla calante fiducia dell'opinione pubblica nell'economia delle eurozona, nelle sue istituzioni e nei suoi politici».

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