Storia dell'articolo
Chiudi

Questo articolo è stato pubblicato il 23 gennaio 2015 alle ore 07:35.

My24
(Reuters)(Reuters)

Il crollo del petrolio è stato così violento e appariscente da spingere in secondo in piano quello che sta accadendo sul mercato del gas. Ma anche questo combustibile si sta rapidamente deprezzando, in ogni area del mondo. I  motivi sono in buona parte collegati proprio alla debolezza del greggio, benché pesino anche lo sviluppo troppo rapido dell’offerta (soprattutto di Gas naturale liquefatto, oltre che di shale gas negli Usa) e i consumi depressi, tanto in Asia quanto in Europa.

Il fatto che in pochi mesi il barile abbia più che dimezzato il suo valore ha accentuato non poco gli scenari, già ribassisti, che si stavano disegnando per il gas. Al petrolio sono infatti indicizzati i contratti di fornitura di Gnl, cruciali soprattutto in Asia, e circa il 50% del gas importato in Europa, che tuttora è prezzato con formule basate su un paniere di prodotti petroliferi.

Gazprom in particolare non ha mai voluto convertirsi, se non in minima parte, a contratti che riflettano l’andamento dei mercati spot del gas, come invece ha fatto, su richiesta dei clienti, la norvegese Statoil. Questa scelta rischia ora di danneggiarla, infliggendo un altro duro colpo alle finanze della Russia: anche se le sue entrate dipendono soprattutto dal petrolio, circa il 15% del valore dell’export è generato dal gas e nell’anno fiscale 2015 Mosca su questo fronte potrebbe perdere un centinaio di miliardi di dollari secondo il consensus degli analisti Bloomberg. Il petrolio non accenna infatti a risollevarsi: ieri - complice un rialzo di 10,1 milioni di barili delle scorte commerciali Usa, il massimo da 14 anni - il Wti ha chiuso a 46,31 $ (-3,1%) e il Brent a 48,52 $ (-1%).

Le formule contrattuali di Gazprom sono top secret, ma se ne conosce abbastanza da sapere che l’effetto petrolio si manifesta con un ritardo di 6-9 mesi. Poiché il barile ha iniziato a perdere quota da luglio, la bufera è appena agli inizi. Attualmente i prezzi contrattuali russi dovrebbero superare ancora di circa un terzo quelli resgistrati sui mercati spot più liquidi, come l’Nbp (National Balance Point) britannico o il Ttf (Title Transfer Facility) olandese, che viaggiano intorno a 7-7,5 dollari per milione di British thermal units ($/Mbtu). Ma World Gas Intelligence calcola che nei contratti per la Germania, indicizzati per l’85% al petrolio, si scenderà a 8,75 $/Mbtu nel secondo trimestre e 6,70 $ nel terzo.

Per alcuni clienti, secondo Société Générale, il prezzo di Gazprom potrebbe scendere sotto quello spot nei prossimi mesi. Col petrolio sotto 50 $, come in questi giorni, per il colosso russo si preannunciano perdite, perché i prezzi di vendita rischiano di scendere sotto il breakeven, che la banca francese stima a 5,5 $/Mbtu.

I clienti sanno benissimo che più passa il tempo, più i prezzi scenderanno. E in molti stanno rinviando gli acquisti: tra il 1° e il 22 gennaio secondo Bentek Energy, divisione di Platts, i flussi di gas russo verso l’Europa sono crollati a 180 milioni di metri cubi al giorno, contro i 318 milioni di un anno fa. E questo nonostante il clima si sia fatto più freddo. Gli stoccaggi nello stesso tempo stanno calando più in fretta della norma.

Tutte dinamiche che accentuano la pressione sulla domanda, che in Europa è già debolissima per via della congiuntura economica e della concorrenza sempre più agguerrita delle rinnovabili e, in alcuni paesi, del carbone (il cui prezzo, per inciso, è ai minimi da 9 anni): nel 2014 i consumi di gas della Ue sono di nuovo diminuiti di circa il 10%, attestandosi secondo Eurogas a 417 milioni di mc, il minimo dagli anni ’90.

La domanda bassa, è ovvio, fa da zavorra aanche ai prezzi spot del gas, innescando una spirale di ribassi che per Société Générale potrebbe provocare una reazione da parte di Russia e Norvegia, che insieme coprono circa il 50% delle forniture europee: i due paesi potrebbero insomma essere tentati dal ridurre in qualche modo i flussi, per far risalire quanto meno i prezzi spot. Sia Mosca che Oslo del resto l’hanno già fatto diverse volte in passato. Contemporaneamente però a generare ulteriori pressioni rischia di essere il Gnl, che potrebbe ritrovare la rotta dell’Europa dopo che in Asia il prezzo spot si è dimezzato, scendendo addirittura sotto 10 $/Mbtu: un livello poco tempo fa impensabile e che inizia a far vacillare i piani per esportare Gnl dagli Stati Uniti.

Commenta la notizia

Listino azionario italia

301 Moved Permanently

Moved Permanently

The document has moved here.

Principali Indici

301 Moved Permanently

Moved Permanently

The document has moved here.

301 Moved Permanently

Moved Permanently

The document has moved here.

Shopping24

Dai nostri archivi