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Questo articolo è stato pubblicato il 11 marzo 2015 alle ore 07:24.

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Il mercato dell’oro decisamente non si fa incantare dal mito Apple. Dopo un inizio d’anno scoppiettante, il prezzo del metallo prezioso ha continuato a scivolare fino a toccare ieri 1.155,60 dollari l’oncia, azzerando tutto il rialzo del 2015. Una coincidenza quasi imbarazzante, visto che l’azienda di Cupertino proprio nelle stesse ore stava presentando l’Apple Watch, un gadget che secondo alcune stime potrebbe inghiottire addirittura un terzo della produzione aurifera mondiale.

La versione extralusso dell’orologio intelligente - l’Apple Watch Edition, prezzo base 10mila dollari - avrà per l’appunto la cassa in oro (in futuro forse saranno lanciate anche la versione in argento e quella in platino). E già da qualche tempo si specula su quanto metallo verrà impiegato per la sua fabbricazione. A scatenare il dibattito in Rete è stato un articolo pubblicato tre settimane fa dal Wall Street Journal: fonti anonime rivelavano che Apple aveva programmato di produrre dal secondo trimestre oltre un milione di pezzi al mese dell’orologio intelligente “versione sceicco”. Un’enormità, che rende l’indiscrezione poco credibile: la Rolex, tanto per fare un esempio, in un intero anno vende circa 600mila orologi.

In tanti hanno però deciso di servirsi delle cifre del Wsj per fare un paio di calcoli: è così che si è arrivati a stimare un fabbisogno di 746 tonnellate di oro l’anno per Apple, una quantità di poco inferiore alle importazioni cinesi e pari a circa un terzo della produzione annua di tutte le miniere del mondo. Questo se si ipotizza che un Apple Watch contenga 2 once d’oro. Ma anche questo numero è arbitrario: da Cupertino non sono arrivati (né arriveranno) informazioni così dettagliate sulla fabbricazione dell’orologio.

Gli analisti di Macquarie ritengono che al massimo gli Apple Watch conterranno un oncia di oro. Inoltre si sa che si tratterà di oro a 18 carati, varietà meno pura, col 25% di altri metalli in lega. È comunque possibile che la quantità sia ulteriormente ridotta, perché il gruppo statunitense lo scorso giugno ha depositato il brevetto dell’«Apple Gold», un metodo per produrre oro a 18 carati mescolandolo a materiali ceramici, che ne aumentano la resistenza e la densità (quindi richiedono minori volumi di metallo prezioso).

Il nuovo gadget firmato Apple non rappresenta comunque un «game changer» per l’oro, conclude Joni Teves, analista di Ubs. «Dovrebbe contenerne un sacco e vendere un sacco di unità. Una delle due cose potrebbe anche accadere, ma probabilmente non entrambe».

Il dibattito non sembra comunque interessare agli investitori. L’oro - che a metà gennaio si era spinto oltre 1.300 $ sull’attesa del quantitative easing della Bce e delle elezioni in Grecia - ha invertito la rotta, accelerando la discesa man mano che il dollaro saliva verso i massimi da 11 anni. Il faro principale per il mercato è di nuovo negli Stati Uniti, ma lontano dalla sede californiana della Apple: è la Fed, che sembra sempre più orientata ad avviare in giugno la risalita dei tassi di interesse. Non a caso lo scivolone di venerdì - quando il lingotto ha perso oltre 30 $ - è avvenuto in risposta ai dati sulladisoccupazione Usa, ai minimi da 7 anni.

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