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Questo articolo è stato pubblicato il 19 marzo 2015 alle ore 06:49.

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Il mercato del credito ha chiuso le porte in faccia a Andrew «Twiggy» Forrest, il magnate australiano fondatore di Fortescue Metals Group. La sua società, divenuta nel giro di un decennio il quarto produttore mondiale di minerale di ferro, ha dovuto cancellare l’emissione di un bond a sette anni da 2,5 miliardi di dollari, non essendo riuscita a negoziare tassi di interesse accettabili. Fallito anche il tentativo di ottenere un prestito equivalente, benché il gruppo fosse disposto a pagare fino all’8,5%, secondo indiscrezioni di stampa.

Fortescue non ha l’acqua alla gola: l’emissione doveva servire ad allungare le scadenze del suo debito, che è ingente - 7,5 miliardi di dollari - ma non prevede rimborsi fino al 2017. La società inoltre ha ancora in cassa 1,6 miliardi, benché i suoi profitti semestrali siano crollati dell’81% ad appena 331 milioni di $.

L’incidente di ieri rappresenta comunque un brutto segnale. E il mercato ha reagito di conseguenza: il titolo della mineraria è crollato ai minimi da sei anni a Sydney, arrivando a perdere il 9%, mentre il rendimento delle sue obbligazioni è volato alle stelle. Un’emissione con scadenza 2021 ha superato il 10% di spread  rispetto ai Treasuries Usa, come i peggiori “distressed bond”, ad altissimo rischio di insolvenza.

Per ora non Fortescue non è in pericolo. Ma gli analisti di Morningstar, che si sono fatti due calcoli, hanno concluso che se il prezzo del minerale di ferro - il suo unico prodotto - dovesse restare intorno a 60 dollari per tonnellata, il gruppo tra qualche anno potrebbe davvero ritrovarsi nell’impossibilità di ripagare i debiti.

La materia prima, ingrediente dell’acciaio, in questo momento vale ancora meno: il suo prezzo sul mercato spot cinese, adottato come benchmark per le forniture in tutto il mondo, ieri è scivolato del 5,4% a 54,50 $, il minimo da quando nel 2009 vennero introdotti i contratti indicizzati. Il governo australiano ha appena abbassato a 60 $ la previsione di prezzo medio per il 2015.

I consumi cinesi, dopo anni di crescita a doppia cifra percentuale. hanno rallentato e potrebbero frenare ulteriormente, insieme all’industria siderurgica locale. Tra gli investitori l’allarme sta crescendo, dopo che si è diffusa la notizia di una serie di acciaierie costrette a chiudere dopo il giro di vite di Pechino contro l’inquinamento. Persino un’azienda statale - la Pangang Chengdu Steel, nella provincia di Sichuan, - sta spegnendo gli altiforni: non era mai successo nella storia.

Intanto l’offerta di minerale di ferro continua ad aumentare a dismisura, anche per colpa di Fortescue. Ma il direttore finanziario della società, Stephen Pearce, minimizza: «Con la caduta del petrolio, oggi non era il giorno giusto»  per bussare alle porte dei creditori.

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