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Questo articolo è stato pubblicato il 02 aprile 2015 alle ore 08:04.

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Aprile sarà un mese cruciale per le compagnie petrolifere, i cui bilanci - benché già sofferenti - non hanno ancora evidenziato appieno i danni provocati dal crollo del barile. Presto i nodi cominceranno a venire al pettine e il fattore scatenante saranno le riserve petrolifere.

Il patrimonio più prezioso delle società estrattive, quello da cui dipende la loro stessa sopravvivenza, fino a poco tempo fa ha preservato bene il suo valore: benché il greggio abbia cominciato fin dall’estate scorsa la discesa che l’ha portato da oltre 100 a meno di 50 dollari al barile, le compagnie quotate negli Stati Uniti - e molte altre - nel quarto trimestre 2014 hanno ancora potuto valutare le loro riserve quasi 90 $/bbl. Il miracolo è frutto del meccanismo di valorizzazione prescritto dalla Sec, l’autorità di mercato statunitense, che prevede che si utilizzi la media delle quotazioni del Wti resgistrate nel primo giorno di contrattazione di ciascuno dei dodici mesi precedenti. Applicando la stessa regola, alla fine del primo trimestre 2015 il risultato è ben diverso: la media è 79,42 $, oltre il 10% in meno rispetto agli 88,46 $ di fine 2014.

Per le compagnie saranno dolori. È probabile che il deprezzamento delle riserve imporrà ulteriori pesanti svalutazioni nei prossimi bilanci trimestrali, che saranno pubblicati tra aprile e maggio. In prospettiva inoltre non sarà solo il valore, ma l’entità stessa delle riserve: il concetto di “riserva provata” si riferisce infatti alla quantità di petrolio o gas che prevedibilmente verrà estratto nei prossimi 5 anni alle attuali condizioni della tecnologia e del mercato. Se il petrolio vale poco, le riserve più costose da estrarre usciranno dalla categoria “provate”, l’unica che conta in bilancio.

Il declino delle riserve, che già affligge le majors a causa dei risultati deludenti delle attività di esplorazione, rischia insomma di aggravarsi: le Big Five (Bp, Chevron, ExxonMobil, Royal Dutch Shell e Total) l’anno scorso hanno visto calare le riserve di idrocarburi da 80 a 78,6 miliardi di barili equivalenti petrolio, la contrazione più forte  almeno dal 2008, e il tasso di sostituzione delle riserve - che si esauriscono man mano che petrolio e gas vengono estratti - è sceso all’84%, il minimo dal 2010.

I problemi più gravi riguardano comunque non tanto le major, quanto le piccole, indebitatissime compagnie dello shale oil americano, che le riserve le hanno anche ipotecate per ottenere finanziamenti. Nuovi writeoff rischiano di ucciderle: l’anno scorso ne hanno già fatti per 45 miliardi di dollari, calcola Evaluate Energy, che ha analizzato 80 “small cap” Usa del settore, e per qualcuna il valore complessivo degli asset si è già ridotto di oltre il 15 per cento. Adesso le banche stanno per stringere i cordoni della borsa: proprio in aprile è previsto l’aggiornamento semestrale delle condizioni di finanziamento e secondo fonti Bloomberg le linee di credito saranno tagliate fino al 30% rispetto a ottobre (quando le riserve valevano addirittura 99 $/bbl secondo le regole Sec).

In vista di questa scadenza molte società - già con rating a livelli “spazzatura” per l’alto rischio di insolvenza - hanno cercato di raccogliere denaro con nuove emissioni di obbligazioni oppure, più spesso, con una ricapitalizzazione: nel primo trimestre 29 compagnie Usa hanno emesso nuove azioni per 13,9 miliardi di dollari, stima Thomson Reuters, un record da 15 anni per questo periodo dell’anno. Tra queste c’è Whiting Petroleum, che non è riuscita a trovare un acquirente.

Non tutti i “frackers” riusciranno a sopravvivere. Sabine Oil & Gas martedì ha già detto che le banche le hanno negato l’estensione delle linee di credito ed è rimasta con appena 327 milioni di $ in cassa. Samson Resources, controllata dal gigante del private equity Kkr, ha appena fatto ricorso al Chapter 11, equivalente alla nostra amministrazione controllata, seguendo la strada tracciata solo nell’ultimo mese da Quicksilver Resources, Bpz Resorurces e Dune Energy. In Canada ieri ha aperto una procedura fallimentare Laricina Energy, attiva nelle sabbie bituminose.

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