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Questo articolo è stato pubblicato il 15 aprile 2015 alle ore 11:48.

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Le politiche monetarie ultraespansive delle banche centrali di tutto il mondo hanno inondato i mercati di liquidità favorendone la corsa. Ora però, secondo un sempre maggior numero di operatori, le valutazioni dei mercati azionari e obbligazionari sono giunte a un punto limite e da più parte si lanciano allarmi sul «rischio bolla».

L’ultimo è arrivato ieri da Bank of America Merryll Lynch che ha comunicato i risultati del sondaggio che periodicamente conduce tra gli investitori dal quale è emerso il 25% degli intervistati si è detto convinto che il mercato azionario globale è sopravvalutato. L’ultima volta che uno su quattro aveva lanciato l’allarme bolla sul mercato azionario risale al 2000, l’anno dello scoppio del bubbone delle società internet a Wall Street.

In crescita anche la quota degli investitori convinti che il mercato obbligazionario sia in bolla anche se, in questo caso, si tratta di un aggiornamento del precedente record. Ad oggi ben l’84% degli operatori intervistati ha espresso la convinzione che il mercato del bond sia in bolla.

L’orientamento di una parte crescente di addetti ai lavori non è peregrino visti i numeri: i rendimenti del mercato obbligazionario (il cui andamento è inversamente proporzionale al prezzo) sono ai minimi storici soprattutto nelle aree in cui sono in corso programmi di espansione monetaria. Come nell’area euro dove una consistente fetta dei titoli di Stato (duemila miliardi di euro il controvalore stimato) tratta a tassi sotto zero. Un paradosso per cui l’investitore invece che ricevere una remunerazione (interesse) sul proprio investimento finisce in realtà per pagare una penale.

Sul fronte azionario i timori riguardano soprattutto gli Stati Uniti, area che il 68% degli intervistati considera sorpavvalutata nel suo complesso. Gli indici di Wall Street sono ai massimi storici così come le valutazioni. Ad oggi, stando alla banca dati S&P Capital IQ, l’indice S&P 500 tratta ad un valore di mercato pari a 20 volte i profitti (ultimi 12 mesi) contro una media dell’ultimo triennio di 17 volte.

C’è poi un altro indicatore che segnala l’allarme “bolla” e cioè il cosiddetto indicatore Shiller P/E, considerato da molti più attendibile per calcolare il prezzo giusto delle azioni, che attualmente si attesta a 27 volte. Una soglia che la Borsa americana ha superato poche volte nella sua storia: nel 1929, anno dello storico crack che diede inizio alla “Grande Depressione”; nel 1999 alla vigilia dello scoppio della bolla internet che ha fatto bruciare all'indice Nasdaq il 70% in un biennio; e a metà degli anni 2000 (2004 e 2007) quando la crisi dei mutui subprime stava montando per arrivare a deflagrare a fine 2008 con il collasso della banca americana Lehman Brothers.

I prezzi sono alti anche in Europa a ben vedere dato che l’indice S&P delle 350 maggiori società europee tratta a 22 volte gli utili (17 la media dell’ultimo triennio) ma è un prezzo che pare maggiormente supportato dai fondamentali dato che per quest’anno ci si attende una solida crescita degli utili a differenza che negli Usa. Ad oggi il 46% degli intervistati ritiene le azioni europee attraenti.

Secondo il 13% degli operatori sondati da BofA lo scoppio di una bolla azionaria è il più grosso rischio che attualmente corrono i mercati finanziari. Un rischio che è strettamente connesso alle decisioni di politica monetaria della Federal Reserve e all’impatto che queste avranno sugli utili delle società quotate e più in generale sugli equilibri dei mercati finanziari. Un rialzo dei tassi entro quest’anno è dato scontato dall’85% degli intervistati. Le implicazioni di mercato di questa mossa si vedranno soprattutto sul mercato valutario. Per il 18% degli intervistati le valute saranno la classe di investimento che più soffrirà un’eventuale impennata della volatilità.

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