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Questo articolo è stato pubblicato il 22 aprile 2015 alle ore 07:02.
L'ultima modifica è del 22 aprile 2015 alle ore 07:47.

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Il forte recupero del prezzo del barile non stupisce i maggiori trader di petrolio, che vedono segnali di domanda tali da giustificare rialzi addirittura superiori a quelli finora osservati, che pure sono notevoli: il Wti è risalito di quasi il 30% dai minimi di un mese fa (ieri ha chiuso a 55,26 $/barile).

Particolarmente ottimista è Ian Taylor, ceo di Vitol, la più grande società indipendente di trading di petrolio, con 5 milioni di barili al giorno di greggio e prodotti raffinati commerciati nel 2014. «Ormai abbiamo visto il fondo, soprattutto se l’arrivo di altri barili dall’Iran è rinviato», ha detto Taylor a proposito dei prezzi. La domanda sta infatti «ritornando con furore», soprattutto quella di benzina, con «segnali di crescita» anche in Europa. Paul Reed, che guida la divisione trading di Bp, è d’accordo: «Abbiamo visto una forte crescita della domanda nei primi mesi dell’anno. È vero che ci sono economie petrolio-dipendenti in difficoltà, ma tutto sommato si arriva a un incremento di domanda di 1,5 mbg».

Un risveglio dei consumi, dagli Usa all’Europa all’India, è stato notato anche da diversi analisti, tra cui quelli di Citigroup e JpMorgan. A sostegno del prezzo del petrolio dovrebbe inoltre intervenire una frenata dell’offerta, anche se per ora non è marcata: non solo le trivelle negli Usa sono più che dimezzate, ma le compagnie petrolifere hanno tagliato con decisione i budget di investimento, con contraccolpi evidenti sulle società di servizi: anche Baker Hughes, come Schlumberger, ieri ha annunciato ulteriori licenziamenti, che portano il totale a 10.500, il 17% della forza lavoro. Harold Hamm, ceo di Continental Resources, prevede che la produzione di shale oil nei tre maggiori bacini Usa possa diminuire di 700mila bg nel prossimo anno.

Resta fuori dal coro Rex Tillerson, numero uno di ExxonMobil: «I prezzi bassi resteranno con noi. La gente si deve mettere in testa che resteremo in un contesto di prezzi diverso per almeno due anni». Quale sarà il fondo? Difficile a dirsi. L’Opec secondo Tillerson «non sta cercando di minacciare altri produttori», ma è «impegnata in un classico esercizio di price discovery, che sarà importante per tutti noi come investitori».

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