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Questo articolo è stato pubblicato il 12 maggio 2015 alle ore 06:47.
Era uno dei tanti produttori di shale oil sull’orlo del collasso, ma in soccorso della texana Rosetta Resources è arrivata Noble Energy, che l’ha rilevata per 2,1 miliardi di dollari in azioni, accollandosi inoltre il suo debito: 1,8 miliardi netti, un fardello divenuto insostenibile per una società che col crollo del petrolio aveva perso due terzi del suo valore e ormai capitalizzava circa 1,5 miliardi. L’operazione consente a Noble di entrare nei bacini di Eagle Ford e Permian, entrambi in Texas, accaparrandosi aree potenzialmente in grado - secondo la società - di produrre un miliardo di barili equivalenti petrolio.
Si tratta della prima acquisizione importante nel settore dello shale oil e secondo alcuni analisti potrebbe dare finalmente il via al consolidamento che molti si attendevano, anche perché il premio attribuito a Rosetta - il 38% in più rispetto alla chiusura di borsa di venerdì - è inferiore alla media degli ultimi 5 anni per deal analoghi.
Nel settore petrolifero l’M&A ha avuto un avvio stentato nel 2015: nel primo trimestre ci sono stati solo 30 deal, per un valore di appena 4 miliardi di $, il minimo da vent’anni secondo Morgan Stanley, che tuttavia prevede a breve un’accelerazione.
Anche se, complice la ripresa del prezzo del greggio, i finanziamenti al settore non sono crollati, gravi difficoltà continuano ad affliggere molti produttori di shale oil. American Eagle Energy venerdì ha chiesto di accedere al Chapter 11, seguendo la stessa strada già percorsa di recente da altri produttori Usa, tra cui Quicksilver Resources e Dune Energy.
Dopo aver ottenuto dai creditori numerose proroghe sul pagamento degli interessi, un un’altra petrolifera - Afren, quotata a Londra e attiva in Africa - ha annunciato il default su una cedola di 12,8 milioni di $ relativa a un’obbligazione in scadenza nel 2019. La società confida ancora di trovare un accordo per il salvataggio.
©RIPRODUZIONE RISERVATA
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