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Questo articolo è stato pubblicato il 13 maggio 2015 alle ore 06:40.

vicenza

Nessun respingimento. Il consiglio di amministrazione della Banca Popolare di Vicenza ha accolto ieri le dimissioni di Samuele Sorato dalle cariche di consigliere e amministratore delegato e direttore generale dell’istituto. Le dimissioni sono state formalizzate e presentate in assenza dell’ad, il cui decadimento lo esimeva dalla presenza in cda. «Risoluzione consensuale», recita una nota della banca, il cui consiglio attribuisce per il momento le deleghe operative di Sorato al Comitato esecutivo.

L’uscita del manager, 54 anni, in Popolare di Vicenza da 13 anni di cui sette come direttore generale, già ventilata dallo scorso venerdì, è un vero terremoto per la banca vicentina e riapre le ipotesi di tensioni e malumori interni, di divergenze con il presidente Gianni Zonin e di diversità di vedute gestionali. Complice la pressione della Bce con gli stress test, la svalutazione delle azioni (-23%), il conseguente esposto alla procura di Vicenza da parte delle associazioni dei consumatori e il pesante rosso del 2014 (758 milioni di perdite).

Ma le dimissioni di Sorato, che rendono più difficile il prosieguo delle operazioni di fusione e di trasformazione in Spa, potrebbero essere legate soprattutto alle due recenti ispezioni della Bce - quella di febbraio, ancora in corso e quella dal 13 al 17 aprile - sulle modalità degli ultimi aumenti di capitale e all’ispezione, anch’essa in corso, della Consob, avviata il 22 aprile all’indomani dell’assemblea, sulla gestione del prezzo e del collocamento delle azioni. Alla luce delle sibilline parole di Zonin di tre giorni fa, «chi ha sbagliato pagherà», pronunciate davanti ai sindacati, l’uscita di scena di Sorato sembra il “sacrificio” per riconquistare credibilità davanti agli organi di vigilanza.

Ora il consiglio, che ieri ha preso tempo senza nominare un successore alla guida amministrativa della banca, deve riprendere le redini in mano, consapevole che l’azione (e le domande) di Bce e Consob non sono finite. E consapevole anche che nasceranno nuove tensioni a livello occupazionale, dopo l’annuncio di 200 esuberi e dell’intenzione di chiudere 150 filiali su 654 (una su cinque).

Non c’è alcuna certezza sul successore di Sorato. Indiscrezioni davano per probabile il nome di Divo Gronchi, 76 anni, predecessore di Sorato alla guida operativa dell’istituto vicentino, già due volte amministratore delegato della popolare, prima di andare a dirigere e risanare la Cassa di Risparmio di San Miniato a Pisa, ma soprattutto uomo di fiducia di Gianni Zonin. Ma il cda sta valutando anche altri nomi.

Intanto, ieri il consiglio ha anche preso atto della lettera ricevuta il 7 maggio dalla Bce con cui è stato comunicato che, valutando le rettifiche di valore su crediti legate all’esercizio di Asset quality review, il requisito patrimoniale minimo in termini di Cet1 ratio è stato portato al 10,3% dal precedente 11%, mentre il requisito minimo in termini di Total capital ratio è stato mantenuto all’11%.

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