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Questo articolo è stato pubblicato il 14 maggio 2015 alle ore 06:38.

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Due anni e 10 mesi di reclusione e una confisca di circa 1 milione e 300 mila franchi svizzeri. Tullio Orsi, ex presidente di Saipem Algeria, tra gli imputati a Milano per la presunta maxi-tangente algerina versata dalla società i cambio di commesse, ha chiesto ieri di poter patteggiare la pena nel corso dell’udienza preliminare. L’udienza è stata rinviata al prossimo 12 giugno, quando, dopo la discussione dei pm Fabio De Pasquale, Isidoro Palma e Giordano Baggio, salvo cambi di programma, sarà interrogato l’ex numero uno di Eni, Paolo Scaroni. Ieri è andato così in scena il primo round di una vicenda giudiziaria che ruota attorno a una presunta mazzetta da 198 milioni di dollari versata, in più tranche e a partire dal 2007, dalla controllata di Eni all’allora ministro dell’Energia algerino e al suo entourage per ottenere otto grandi appalti petroliferi. Una partita in cui i pm hanno incassato un primo patteggiamento - che dovrà essere ratificato dal giudice - e il rigetto di una serie di questioni preliminari. È stata ammessa, invece, come parte civile l’Agenzia delle Entrate.

Nel corso dell’udienza, dove non sono mancati i botta e risposta tra accusa e difesa (in particolare sulla richiesta, poi respinta, della procura di “congelare” i tempi di rescrizione), gli avvocati di Scaroni, Alberto Moro Visconi ed Enrico De Castiglioni, hanno annunciato l’intenzione dell'ex ad di Eni di farsi interrogare per chiarire la sua posizione. Interrogatorio che si terrà il prossimo 12 giugno, solo dopo l’intervento dei pm che chiederanno di mandare tutti a processo eccetto Orsi, che patteggerà. Per il caso Algeria, oltre a Scaroni e Orsi, sono coinvolte anche Eni e Saipem come persone giuridiche e sono indagati altresì l’ex direttore operativo di Saipem, Pietro Varone, l’ex direttore finanziario prima di Saipem e poi di Eni Alessandro Bernini, l’ex presidente e ad di Saipem, Pietro Tali, l’ex responsabile di Eni per il nord Africa Antonio Vella, il presunto “collettore di tangenti” Farid Noureddine Bedjaoui, fiduciario dell’ex ministro dell’energia algerino Chekib Khelil e infine Samyr Ouraied, uomo di fiducia di Bedjaoui. Tutti rispondono di corruzione internazionale. Per otto di loro, poi, incluso l’ex ad di Eni, c’è anche l’accusa di frode fiscale.

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