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Questo articolo è stato pubblicato il 23 giugno 2015 alle ore 07:12.

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La tanto evocata febbre da M&A non ha finora contagiato le compagnie petrolifere, che hanno annunciato una sola fusione importante dopo il crollo del barile, quella tra Shell e Bg Group. Il settore non è però rimasto immobile: Williams Cos, uno dei giganti dei gasdotti Usa, ha appena respinto un’offerta di acquisto da 48 miliardi di dollari (53,1 inclusi i debiti) da parte della rivale Energy Transfer Equity(Ete), giudicando di essere stata «significativamente sottovalutata». La società - che ha arruolato Barclays e Lazard per esplorare opzioni alternative (fusioni e acquisizioni comprese) - si è impennata di oltre il 24% in Borsa, scatenando l’ipotesi di una battaglia di rilanci, magari con la discesa in campo di altri pretendenti.

La modernizzazione delle infrastrutture per il trasporto di petrolio e gas negli Stati Uniti è diventata cruciale dopo la «rivoluzione shale», che ha sviluppato enormemente la produzione di idrocarburi, aprendo in prospettiva all’esportazione (il primo Gnl dagli Usa arriverà tra meno di due anni). Il segretario all’Energia Ernest Moniz ha dichiarato in un’audizione al Congresso che bisognerà spendere 270 miliardi di dollari negli Usa solo per rimpiazzare i vecchi gasdotti, mentre l’associazione di settore, la Interstate Natural Gas Association of America (Ingaa), stima necessario investire almeno 600 miliardi entro il 2035 in nuove infrastrutture per il petrolio e il gas.

«Non sarei sorpreso se per Williams arrivasse un’offerta più alta - ha commentato Darren Horowitz, analista di Raymond James - Non penso che questa offerta rifletta davvero il suo valore intrinseco». Il premio rispetto ai valori di borsa di venerdì è in effetti elevato (quasi il 33%), ma sul piatto ci sono soltanto azioni. E Williams per ora non si è lasciata distogliere dai piani originari, annunciati in maggio, che prevedono il consolidamento da 13,8 miliardi di $ della controllata Williams Partners: una Master Limited Partnership (Mlp), forma societaria che per la convenienza fiscale ha goduto di grande successo tra le società di pipelines negli Usa, ma che oggi induce a qualche ripensamento, perché di fatto impone una crescita senza sosta per alimentare il pagamento delle cedole agli azionisti. Il numero uno del settore, Kinder Morgan, un anno fa ha realizzato un’analoga operazione da ben 71 miliardi di $ pur di sbarazzarsi delle Mlp.

La stessa Ete potrebbe tornare all’attacco di Williams. I toni del comunicato diffuso ieri sono amareggiati: la società per sei mesi ha cercato «un dialogo approfondito e amichevole», ma «i dirigenti hanno inspiegabilmente ignorato i nostri sforzi di convolgerli nella discussione».

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