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Questo articolo è stato pubblicato il 18 luglio 2015 alle ore 08:13.

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MILANO

Un Quantitative easing in salsa cinese per fermare il crollo delle Borse. A realizzarlo il China Securities Finance (Csf) una casa di brokeraggio a controllo statale, alimentata con risorse fornite dalla Banca centrale, istituita per dotare di liquità ai mercati in caso di emergenza. E’ quanto è successo nei giorni scorsi a 17 banche statali cinesi che per evitare il collasso del mercato azionario hanno acquistato titoli in Borsa per 1,3 mila miliardi di Reminbi, circa 209 miliardi di dollari . A rivelarlo una inchiesta condotta dal magazine economico-finanzario cinese Caijing. La Banca centrale ha confermato di avere provveduto a fornire liquidità al sistema attraverso il Csf senza specificare l’ammontare complessivo. Per scongiurare il crollo degli indici azionari, la People's Bank of China, aveva promesso il proprio sostegno alla Csf attraverso il prestito interbancario, l'emissione di bond e altri veicoli finanziari.

Soltanto le prime cinque più importanti banche del paese, tutte a controllo statale - Industrial and Commercial Bank of China, China contruction Bank, Agricultural Bank of China, Bank of China e Bank of Communications, hanno immesso liquidità per almeno 100 miliardi di Reminbi. Liquidità servita per operazioni dirette sui mercati che combinate con una serie di pesantissime restrizioni , tra cui il divieto assoluto di vendita di azioni , ha finto per bloccare la caduta in verticale degli indici di Borsa.

Queste manovre in un qualche modo sono servite a fermare l’emorragia. A contribuire al recupero dello Shanghai Composite e dello Shenzhen stock index anche il dato migliore delle aspettative del Pil +7% (benché qualcuno dubiti sulla sua veridicità ) . Lo Shanghai Composite ieri è tornato a salire del 3% chiudendo la settimana con un modesto 1%, ma si trova ancora sotto del 26,3% rispetto al massimo toccato il 12 giugno scorso. Nel mezzo sono andati bruciati oltre 3mila miliardi di dollari, numeri da capogiro che tuttavia vanno contestualizzati con quelli ancora più incredibili registrati nel corso dell'ultimo anno, quando la borsa ha guadagnato circa il 150 per cento.

Questi 1,3 mila miliardi di Renminbi di potenziali finanziamenti, che oltre dalla banca centrale possono arrivare anche dalle banche commerciali, equivalgono a poco meno della metà del valore dell'intero azionario cinese, 6.600 miliardi di Renminbi. Secondo Bloomberg non è chiaro quante di queste risorse verranno effettivamente impegnate in operazioni di acquisto, tuttavia in segnale dato ai mercati è che le autorità sono in grado di impedire altre cadute incontrollate e che quindi la bolla può continuare a prosperare. A rendere appetibili i prestiti alla Csf, per le banche cinesi sono stati soprattutto due fattori: il basso tasso di rischio, essendo la Csf statale, e i ritorni sui prestiti giudicati «piuttosto buoni».

Le rivelazioni del magazine cinese Caijing arrivano all'indomani della pubblicazione sui media cinesi dei giudizi delle agenzie di rating americane Moody's e Fitch, che nei giorni scorsi minimizzavano i fattori di rischio per l'economia reale del Paese e parlavano di bassa esposizione delle banche al crollo degli indici azionari. Ad ogni modo, di fatto con questa manovra la Cina si è lanciata in un intervento di quantitative easing ben più distorsivo di quelli effettuati negli Usa, negli anni passati dalla Federal Reserve, e nell'area euro in questi mesi dalla Bce. Perché le istituzioni monetarie occidentali si sono impegnate prevalentemente su acquisti di titoli di Stato, senza esporre il danaro pubblico ai rischi legati ai corsi azionari.

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