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Questo articolo è stato pubblicato il 05 agosto 2015 alle ore 06:38.
Dopo aver venduto a Intesa Sanpaolo l’ultimo pacchetto azionario di Banca Cr Firenze (il 10% per 182,5 milioni), lo scorso maggio, adesso l’Ente Cassa di Risparmio di Firenze ha iniziato la discesa nel capitale del gruppo bancario guidato da Carlo Messina. La Fondazione del capoluogo toscano, presieduta da Umberto Tombari, ha annunciato ieri di aver venduto con una procedura di accelerated bookbuilding lo 0,630% di Intesa Sanpaolo, pari a cento milioni di azioni, al prezzo unitario di 3,495 euro, per un controvalore complessivo di 349,5 milioni, riducendo così dal 3,2% al 2,6% la propria partecipazione.
«Come tutte le migliori Fondazioni straniere, e in linea con quelle principali del nostro Paese, dobbiamo avere un patrimonio più equilibrato e non concentrato su un solo asset», aveva detto Tombari in occasione dell’uscita definitiva dal capitale di Banca Cr Firenze. In linea con i contenuti del protocollo firmato in aprile dall’Acri e dal ministero dell’Economia e delle Finanze, la Fondazione fiorentina si sta avvicinando all’obiettivo di non impegnare più del 33% del proprio patrimonio in un solo settore (in questo caso bancario). Con l’operazione realizzata ieri, questa percentuale scende dal 66 al 58, e dunque la strada è ancora lunga; la Fondazione la percorrerà tutta in discesa all’interno dell’azionariato di Intesa Sanpaolo, essendo l’unica partecipazione bancaria rimasta in portafoglio all’Ente Cassa di Risparmio di Firenze. L’obiettivo è di tagliare il traguardo nel giro di due anni.
Tra l’operazione di maggio e quella annunciata adesso, la Fondazione del capoluogo toscano ha incassato più di 530 milioni: come sarà utilizzata questa liquidità? A chi ipotizzava un intervento sul territorio, sempre in campo creditizio, magari prendendo parte a qualche aggregazione locale, Tombari ha già avuto modo di rispondere che «i tempi in cui la politica industriale dei territori si faceva attraverso le banche sono finiti e che preferisce tenere patrimonio liquido da mettere a reddito per sostenere l’attività dell’Ente». Un mondo, quelle delle Fondazioni ex bancarie, in fase di rapida trasformazione. E così, mentre tra Toscana e Liguria quattro Fondazioni (Carrara, Lucca, La Spezia e Livorno) si alleano per sviluppare progetti comuni nel campo dei beni culturali, l’Ente presieduto da Tombari mette in cassaforte munizioni preziose da investire o da utilizzare (parzialmente) in operazioni di valore strategico. Intesa Sanpaolo, da parte sua, vede allentarsi ulteriormente il peso delle Fondazioni nei propri assetti azionari, dove in questo momento Firenze esprime due membri nel consiglio di sorveglianza.
Intanto, sempre sul fronte del gruppo milanese, Intesa Sanpaolo Vita ieri ha approvato il bilancio di metà anno, chiuso con 10.535,7 milioni di produzione lorda (+2,6%), 10.446,1 milioni di nuova produzione Vita (+2,7%), oltre 100 miliardi d’investimenti (+3,1%), 74,4 miliardi di riserve tecniche, 23,6 miliardi di passività tecniche, un patrimonio netto di 4,6 miliardi (+5,9%) e 378,9 milioni di risultato netto (+33,2%). «Un risultato particolarmente significativo - commenta l’amministratore delegato Nicola Maria Fioravanti - dal momento che il 2014 è stato archiviato tra gli esercizi più brillanti del gruppo assicurativo».
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