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Questo articolo è stato pubblicato il 05 agosto 2015 alle ore 06:38.

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I conti del semestre, la riorganizzazione delle prime linee del management, l’avvio dei lavori per l’aggiornamento del piano industriale. Non è un cda di routine quello convocato per stamattina al ventinovesimo piano del grattacielo UniCredit: a due mesi e mezzo dalla sua elezione, al nuovo consiglio per la prima volta toccano alcune decisioni importanti per il futuro della banca, nel prossimo autunno chiamata - come tutti i grandi istituti europei - a fare il punto con la Bce sulla situazione organizzativa, contabile e patrimoniale nell’ambito dello Srep.

Le recenti dimissioni del direttore generale Roberto Nicastro, anticipate da Il Sole 24 Ore, hanno attirato l’attenzione in particolare sulla riorganizzazione del team che affianca il ceo, Federico Ghizzoni. Secondo quanto risulta, oggi sul tavolo del cda finirà una proposta che prevede la ripartizione delle deleghe spettanti a Nicastro ai due vice Paolo Fiorentino e Gianni Papa, a cui si affiancherà Marina Natale, che alla carica di cfo aggiungerà quella di vice direttore generale. A quest’ultima finiranno le deleghe ai controlli interni e all’asset management, a Fiorentino il digital banking e a Papa - già responsabile del Cib e della Germania - la supervisione su Austria, Polonia e Centro est Europa, area di cui si è occupato fino allo scorso anno; nel giro di valzer dovrebbe rientrare anche l’attuale chief risk officer Alessandro Decio, in uscita, che avvierà il passaggio di consegne a favore di Massimiliano Fossati, che dal novembre 2012 svolge la stessa funzione per le attività italiane.

Obiettivo dell’operazione sarebbe quello di verticalizzare ed efficientare la struttura di comando, che si alleggerirà di un livello: i tre vice direttori generali, infatti, riporteranno direttamente al ceo. Ed è con loro che Ghizzoni, dopo un primo lavoro preparatorio effettuato in queste settimane, alla ripresa avvierà l’aggiornamento del piano industriale presentato nel marzo 2014: è probabile, come ha già fatto intendere il ceo a fine giugno parlando alla stampa estera, che siano rivisti i target in considerazione di uno scenario macroeconomico diverso da quello atteso. Ma se è vero che il contesto è meno redditizio del previsto, la banca cercherà di imprimere una spinta alle efficienze interne (in particolare in Austria e Germania), ai business e alle controllate che offrono le potenzialità maggiori in termini di redditività, a partire dal risparmio gestito, dall’investment banking e dal centro-est Europa (che fanno capo a Papa).

La revisione si svilupperà in asse con la Banca centrale europea, visto che proprio nelle ultime settimane è iniziato a entrare nel vivo lo Srep, l’analisi dettagliata, da parte degli ispettori di Francoforte, dei rischi rilevanti a cui le banche sono esposte nel loro business e dei presidi messi in atto per controllarli: è nell’ambito di questo processo che a UniCredit, così come alle altre 122 banche vigilate dirette, verranno indicati i nuovi requisiti di capitale. Solo allora si conoscerà dove verrà posta l’asticella per la banca italiana, che a fine marzo presentava un Common Equity Tier 1 al 10,1%.

Fondamentale per definire il quadro sarà la trimestrale di oggi, che secondo gli analisti dovrebbe vedere un utile in rialzo del 12,4% a 453 milioni, in vista di 2,25 miliardi di profitti per l’intero 2015. Ieri, intanto, il titolo ha chiuso a -1,99% in linea con gli altri bancari di Piazza affari, mentre la controllata polacca Pekao ha chiuso il trimestre con utili superiori alle attese.

.@marcoferrando77

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