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Questo articolo è stato pubblicato il 05 settembre 2015 alle ore 08:14.

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Delusa dalla Cina, assediata dai concorrenti in patria e forse preoccupata dall’imminente sbarco di nuovi fornitori di gas in Europa - dal Mar Caspio e prima ancora, già quest’anno, dagli Stati Uniti - Gazprom ha ripreso in mano le redini della situazione nel Vecchio continente, chiudendo a sorpresa una serie di accordi che aveva lasciato in sospeso con i partner locali e predisponendo la controffensiva alle accuse dell’Antitrust Ue, cui ha fatto sapere che risponderà in forma scritta il prossimo 28 settembre.

Il gruppo russo ha annunciato la firma dell’intesa definitivo con i soci europei per la realizzazione del raddoppio di Nord Stream, gasdotto con cui trasporta metano direttamente in Germania, passando attraverso il Mar Baltico, dunque senza rischi di transito.

La notizia più inattesa, tra le tante diramate nella giornata di ieri, è stata tuttavia la resurrezione di uno scambio di asset con la tedesca Basf, grazie al quale Gazprom conquisterà il pieno controllo di una parte importante del sistema di distribuzione e stoccaggio del gas nell’Europa centrale, oltre ad entrare in possesso di quote di giacimenti nel Mare del Nord. Operazioni di swap analoghe sono state concordate in linea di principio anche con l’austriaca Omv e discusse con Royal Dutch Shell.

La finalizzazione dell’intesa tra Basf e Gazprom ha preso tutti in contropiede, provocando tra l’altro un malcelato imbarazzo nel Governo tedesco. L’asset swap era stato concordato tre anni fa, ricevendo via libera dalla Commissione europea, che all’epoca intratteneva relazioni più distese con Mosca. Ma lo scorso dicembre, in seguito alla guerra in Ucraina e alle sanzioni occidentali contro la Russia, l’operazione era stata sospesa. Ora Basf si arrampica sui vetri: «A causa del contesto politico difficile - ha spiegato un portavoce - Basf e Gazprom avevano deciso di non completare lo scambio di asset entro la fine del 2014, ma non abbiamo escluso di completarlo più tardi».

Al colosso russo del gas andrà a questo punto il 100% di Wingas (attualmente una joint venture con Wintershall, controllata di Basf), che distribuisce gas soprattutto nell’Europa centrale e possiede importanti stoccaggi in Austria e Germania. Gazprom conquisterà inoltre il pieno controllo di Wieh e Wiee, altre società di distribuzione, e il 50% di Wintershall Nordzee (Winz), coinvolta nell’estrazione offshore di idrocarburi in Olanda, Danimarca e Gran Bretagna. Un’incursione quest’ultima che potrebbe incontrare l’ostracismo di Londra: pochi mesi fa un’altra società russa, il fondo L1 dell’oligarca Mikhail Fridman, era stata costretta a fare marcia indietro sull’acquisto di giacimenti nel Mare del Nord (si veda Il Sole 24 Ore del 19 marzo).

Wintershall riceverà in cambio da Gazprom il 25% (con opzione a salire al 50%) di due blocchi del giacimento siberiano Urengoy, il più ricco tra i depositi di gas che i russi stanno sviluppando. Anche ad Omv - da qualche mese guidata dall’ex ceo di Wintershall, Rainer Seele - sono state promesse quote dello stesso giacimento, in cambio di altre non meglio precisate «partecipazioni».

Sia Basf/Wintershall che Omv sono partner di Gazprom, con il 10% ciascuna, anche nel progetto Nord Stream 2, per cui ieri è stato dato il fischio d’inizio. Sarà costituita una società denominata New European Pipeline, di cui i russi avranno il 51% e che vedrà tra i soci anche  Shell ed E.On con il 10%, più Engie (ex Gdf Suez) con il 9%. Tutti hanno speso parole entusiaste per il progetto, sottolineandone l’importanza al fine di rafforzare la sicurezza degli approvvigionamenti europei. L’obiettivo è costruire altre due linee del gasdotto del Baltico, portandone la capacità dagli attuali 55 miliardi di metri cubi (oggi in gran parte inutilizzati) a 110 miliardi.

«Si tratta di decisioni societarie su cui il Governo tedesco non ha alcuna influenza, né intende averla» ha precisato il portavoce del ministero degli Esteri di Berlino Martin Schaefer. «Quanto a concludere che questo potrà condurre a un disgelo nelle relazioni con la Russia, consiglierei una certa dose di scetticismo».

In giugno, quando c’era stato il memorandum d’intesa sul raddoppio di Nord Stream, Bruxelles l’aveva definito un’opera superflua. Il ceo di Gazprom, Alexei Miller, oggi ribatte che servirà a atrasportare «soprattutto volumi addizionali di gas , che saranno richiesti a causa del continuo declino della produzione domestica europea». Mosca d’altra parte, dopo aver rinunciato al gasdotto South Stream, non è riuscita a concludere con Ankara gli accordi per l’alternativo Turkish Stream. La scommessa sulla Cina, inoltre, la sta deludendo: Pechino appare oggi restia ad accrescere gli investimenti in Russia e Putin è rientrato con un magro bottino dal viaggio in Cina dei giorni scorsi. Sul gas in particolare, le speranze di concretizzare in breve tempo gli accordi sulle forniture dalla Siberia occidentale sono tramontate, tanto che Gazprom ha rinviato l’obiettivo al 2016. Prima di allora, dagli Usa saranno salpati i primi carichi non solo di Gnl ma anche di etano in forma liquida, un feedstock petrolchimico derivato dal gas: la prima nave arriverà in Europa quest’autunno.

.@SissiBellomo

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