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Questo articolo è stato pubblicato il 22 agosto 2012 alle ore 08:57.

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L'industria cannetese delle bambole ha tenuto banco per oltre un secolo a partire dal 1870. La Furga, negli anni Sessanta del Novecento, è arrivata a occupare da queste parti 1.200 dipendenti, per la maggior parte donne. Senza contare la Aga, la Faiplast, la Fiba, la Lorenzini, la Zanini e Zambelli.

Senza contare le imprese di accessori per bambole, di pianoforti e chitarre giocattolo, di cavalli a dondolo, i produttori di stampi, le aziende litografiche che realizzavano etichette, cataloghi, imballaggi. Ruotavano intorno al distretto della bambola circa 2.500 addetti, una cifra pari a oltre la metà degli abitanti di Canneto.
Poi sono arrivati gli anni Settanta. La Furga, caduta in dissesto, è stata acquisita e rilanciata da Vittorio Grazioli.
Finché nel mercato non sono entrati i cinesi a rompere i prezzi con i loro bassi costi di manodopera. Da quel momento la competizione è diventata impari. Per il paese dei balocchi è cominciato il declino. L'area era già in disarmo nel '92, quando Il Sole-24 Ore pubblicava la sua prima inchiesta sui distretti industriali. La Grazioli aveva già allora diversificato nei mobili e nei giocattoli in plastica da giardino, attraverso la Grand Soleil.

In questi venti anni l'economia locale ha cambiato pelle. Sulla riva sinistra dell'Oglio è ritornata a imporsi l'antica tradizione agricolo-vivaistica, che risale al Quattrocento. Oggi le bambole e i bebè in bisquit della ex Furga si possono solo ammirare al museo di Canneto, peraltro in fase di ristrutturazione fino a dicembre. La Grand Soleil, ceduta da Grazioli alla Giò Style e da questa al gruppo Igap (150 milioni di ricavi e sede a Cogozzo di Viadana), è ancora qui a testimoniare i trascorsi manifatturieri di questi luoghi. L'azienda, trasformata in braccio operativo della Igap, ha completato nel 2011 un piano triennale d'investimenti da 40 milioni. Un'altra importante presenza, nella meccanica, è quella del gruppo Antonio Vienna, di Bollate, insediatosi di recente a Canneto per produrre componenti per oleodotti, torri eoliche e alberi di trasmissione per navi. A regime occuperà 250 persone.

Ma è l'attività vivaistica a trainare, sia pure a fatica, oggi l'economia cannetese. Il distretto si estende su una superficie stimata di 2mila ettari e rappresenta la principale area di produzione di piante a foglie caduche. Tremila le varietà coltivate ed esportate in Europa, troppe. Cento le aziende produttrici. Le piante di Canneto sono arrivate fino in Turkmenistan. Nei periodi di vacche grasse il comprensorio ha fatturato 40-50 milioni e occupato 800-1.000 persone. Ma sono cifre approssimative. Manca un sistema di rilevamento dei dati.

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