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Questo articolo è stato pubblicato il 06 ottobre 2012 alle ore 20:38.

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Il 52° Salone Nautico di Genova si è aperto con la protesta silenziosa degli imprenditori del settore contro il Governo. Gli iscritti ad Ucina, la Confindustria nautica prima hanno disertato la cerimonia dell'alzabandiera e poi, quando il corteo con le autorità e il viceministro delle Infrastrutture e trasporti, Mario Ciaccia, è passato nei padiglioni della Fiera del mare, i costruttori hanno mostrato cartelli con scritte con scritte come "Dignità e rispetto per la nautica"; "20mila disoccupati", cioè il numero di addetti persi dal settore.

Anche nella sala dove il viceministro si è confrontato, in forma di talk show, con i vertici e molti iscritti di Ucina, riconoscendo alcuni errori del Governo, campeggiava uno striscione con scritto "Il lavoro in prima fila", sorretto da operai del comparto (alcuni in cassa integrazione) seduti proprio sotto il palco. E il malumore era palpabile anche fra gli imprenditori presenti e tra quelli negli stand.

La crisi in Italia, afferma Massimo Perotti, patron di Sanlorenzo, cantiere specializzato in yacht da 19 a 46 metri, "è bestiale. Sul territorio nazionale non si vende più. E riescono a resistere solo le medie e grandi aziende che hanno la forza per vendere fuori dall'Europa. Quelle più piccole, sotto i 50 milioni di euro di fatturato, non hanno la capacità di farlo e rischiano di finire in fallimento. Il governo, però, sembra non capire questa situazione e anche se il settore, che è una delle bandiere del made in Italy, ha perso 20mila posti di lavoro, non appare intenzionato a dedicagli la dovuta attenzione. Sembra quasi che i nostri operai siano di serie B e non meritino altrettanta attenzione di quelli della Fiat".

Piero Formenti, alla guida di Zar Formenti, che realizza barche pneumatiche, è uno degli imprenditori che hanno alzato i cartelli di protesta. "Quando ci ha visti – dice – il viceministro teneva gli occhi un po' bassi. Poi, però, il dibattito con Ucina, dove ha ammesso gli errori fatti, è stato positivo. Ora devono seguire i fatti. E prima della prossima estate, altrimenti ci saranno altri "morti" fra le aziende. Bisogna cambiare immediatamente il redditometro, che penalizza chi compra una barca rispetto a chi compra, ad esempio, un camper ed è discriminatorio contro tutto un settore di aziende nazionali. Il comparto dei gommoni, ad esempio, è un modello di eccellenza italiano nel mondo.

Ma noi, che un tempo vendevamo l'80% dei prodotti in Italia, ora ne vendiamo il 30% e abbiamo più concessionari in Francia che nel nostro Paese. Per questo abbiamo inscenato una protesta civile e silenziosa, nel rispetto delle istituzioni".
Ferruccio Rossi, ad di Ferretti, gruppo da poco acquisito e risanato dalla cinese Shig-Weichai, è perfettamente in linea con l'opinione di Formenti. "Al salone di Cannes, dove siamo appena stati – spiega - non c'erano spazi vuoti come qui a Genova (dove gli espositori sono scesi da 1.150 dell'anno scorso a 900, ndr). Perché la Francia ha un modo diverso di sostenere il sistema Paese: difende le sue eccellenze.

Ma per fare così occorre scegliere quali sono le eccellenze da difendere. In Italia non abbiamo mai scelto. E le molte eccellenze che del nostro Paese si sono indebolite. Dovremmo, invece, seguire l'esempio francese. Del resto, l'industria nautica è la quintessenza del made in Italy, della ricercatezza e del prodotto fatto su misura. È positivo, quindi, che il governo riconosca i propri errori, attraverso il viceministro Ciaccia".
"La protesta – aggiunge Andrea Razeto, al vertice della Razeto & Casareto, azienda che realizza serrature, maniglie e accessori per la nautica – è stato un modo per richiamare l'attenzione sul comparto della nautica.

Ed è giusto che abbiano partecipato anche i dipendenti delle imprese. Il Governo deve avere chiaro che, se le cose rimarranno come sono ora, difficilmente l'anno prossimo potrà esserci un altro salone di Genova. Perché se i clienti dei cantieri non comprano, per paura di essere considerati evasori, anche le aziende dei accessori, come la nostra, non lavorano più".
Paolo Vitelli, alla guida di Azimut Benetti, leader mondiale nei superyacht, aggiunge: "Quando parla un ministro occorre dargli credito.

Ma non è più il tempo delle promesse. Il Governo ha già fatto un danno enorme al settore con la tassa di stazionamento per gli yacht (poi corretta in tassa di possesso, ma quando molti armatori erano già andati via dall'Italia, ndr). Ora deve agire in fretta per correggere il redditometro e razionalizzare i controlli sulle barche in mare. I discorsi sono belli ma ora abbiamo bisogno di azione immediata. Non basta dire abbiamo sbagliato. Sarebbe stato meglio se il viceministro fosse venuto al Nautico con una proposta concreta e costruttiva".

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