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Questo articolo è stato pubblicato il 29 giugno 2013 alle ore 08:41.

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Bruxelles promette sostegno, anche finanziario, ai progetti necessari per portare davvero in Europa il gas azero, tra cui le opere infrastrutturali che si renderanno necessarie per riesportare le forniture dopo l'arrivo in Italia. È questo il messaggio che la Commissione europea ha voluto portare a Baku, dove ieri si celebrava ufficialmente la vittoria della Trans Adriatic Pipeline (Tap) contro il Nabucco West come rotta di trasporto. Una conferma ulteriore di come il gasdotto, che raggiungerà la Penisola dopo aver attraversato Albania e Grecia, possa rappresentare un volano per la nostra economia, capace di attirare investimenti e di trasformarci in un tassello fondamentale del sistema energetico europeo: il famoso hub del gas, che ormai da anni puntiamo a realizzare.

La scelta di Tap – obiettivo al quale i Governi Monti e Letta hanno dedicato un impegno «eccezionale» a giudizio dei promotori del gasdotto e di Bp, che guida il consorzio di sviluppo del giacimento Shah Deniz – è stata comprensibilmente accolta «con viva soddisfazione» da Palazzo Chigi. «Per noi è una grande notizia strategica, di prospettiva», ha dichiarato il presidente del Consiglio Enrico Letta, annunciando una prossima visita a Baku «per ringraziare il Governo dell'Azerbaijan e cominciare a fare i primi passi perché questa vicenda vada avanti».

Parole trionfali sono arrivate anche da Bruxelles, che fino a pochi anni fa sosteneva il Nabucco: per il presidente della Commissione Josè Manuel Barroso quello di ieri è «un successo condiviso per l'Europa e una pietra miliare nel rafforzare la sicurezza energetica dell'Unione». Persino gli Stati Uniti si sono uniti al coro, per bocca di Richard Mornigstar, diplomatico di lungo corso, oggi ambasciatore in Azerbaijan, ma per anni uomo di punta della Casa Bianca per le strategie energetiche in Asia centrale: «Questo è un grande giorno!», ha esordito Morningstar all'incontro per la presentazione del progetto. «Si tratta però – ha aggiunto – non della fine, bensì dell'inizio di un processo, che potrebbe condurre in futuro a costruire anche il Nabucco».

La necessità di realizzare tra qualche anno una seconda pipeline, in aggiunta alla Tap, è stata evidenziata anche dal ministro azero dell'Energia Natig Aliyev e da Gordon Birrell, presidente Bp per Azerbajan, Georgia e Turchia, convinto che si dovrà inoltre investire «in altri interconnettori per trasportare i volumi futuri in Europa».

Nell'immediato c'è comunque ancora molto lavoro da fare anche solo per tradurre in realtà la "versione base" del Corridoio Sud: entro la fine dell'anno Bp e soci dovranno approvare la Decisione finale di investimento per Shah Deinz 2 e bisognerà arrivare a costruire non solo la Tap, ma anche la Tanap, altro gasdotto che percorrerà il tratto turco del Southern Corridor. Serve inoltre potenziare le infrastrutture in Azerbaijan. Il tutto costerà «oltre 40 miliardi di dollari», dice Bp. «Significativamente di più», sussurrano dirigenti Socar a margine della conferenza, spiegando che il consorzio ha avviato una revisione per cercare di contenere le spese dov'è possibile.

A maggior ragione è dunque importante il fatto che la Commissione europea punti a estendere il suo sostegno anche alle diramazioni del Corridoio Sud. Nella seconda metà dell'anno verrà stilata una lista di progetti di interesse comunitario, in cui rientreranno le opere - sostanzialmente gasdotti e interconnettori - che la Ue intende agevolare per consentire alla Tap di diramarsi verso i mercati dell'Europa centrale e settentrionale, ha spiegato Toralf Pilz, della delegazione Ue in Azerbaijan, precisando di parlare a nome del commissario per l'Energia Guenther Oettinger. Tra questi progetti, ha poi chiarito Pilz al Sole 24 Ore, potranno «certamente» rientrare anche i lavori sulla rete italiana, già pianificati da Snam, per il potenziamento dei flussi di trasporto del gas dal Sud verso il Nord. Lavori indispensabili perché il nostro Paese riesca ad esportare, realizzando l'aspirazione a diventare hub del gas.

Almeno sulla carta, le premesse per farcela ci sono. Con la Strategia energetica nazionale l'appoggio del Governo è esplicito. E Snam nel piano di investimenti per il 2013-16 (che destina all'Italia 6,2 su 6,9 miliardi di euro) ha già indicato di voler realizzare un significativo aumento della capacità di export dell'Italia: l'obiettivo è avere già a inizio 2017 oltre 10 miliardi di metri cubi l'anno di capacità aggiuntiva, pari esattamente alla quantità di gas che Tap immetterà dal 2019 nella nostra rete. I tubi ovviamente non potranno accogliere solo il gas azero: due terzi del reverse flow saranno a Tarvisio, dove è probabile che serviranno soprattutto a riesportare eccedenze di gas russo. Passo Gries in compenso è destinato a diventare uno snodo in uscita dall'Italia sempre più importante: Snam punta a 14,6 miliardi di mc di capacità di export solo da questa via a fine decennio.

Sullo sfondo, tutt'altro che trascurabile, resta il nodo delle autorizzazioni, che riguarda in modo particolare - ma non esclusivo - il nostro Paese. La Tap non ha ancora ottenuto il via libera ad approdare a Melendugno, in provincia di Lecce. Per sbloccare davvero i flussi di gas verso l'Europa, inoltre, servirà il raddoppio della cosiddetta dorsale, con nuovi tubi che percorrano la penisola da Sud a Nord: un'infrastruttura allo studio da anni, ma che è rimasta arenata soprattutto per l'opposizione della Regione Abruzzo.

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