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Questo articolo è stato pubblicato il 06 marzo 2014 alle ore 13:47.
L'ultima modifica è del 06 marzo 2014 alle ore 14:49.

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Processo per tutti. È la richiesta che oggi la Procura di Taranto ha depositato alla cancelleria del giudice dell'udienza preliminare per i 53 indagati dell'inchiesta sul disastro ambientale dell'Ilva. Si tratta di 50 persone e di tre societá. Il rinvio a giudizio é stato chiesto fra gli altri per il presidente della Regione Puglia, Nichi Vendola, il sindaco di Taranto, Ezio Stefáno, l'ex presidente della Provincia di Taranto, Gianni Florido, ma anche per gli attuali proprietari dell'Ilva, Emilio Riva e i figli Fabio e Nicola, nonché per il presidente dell'Ilva, Bruno Ferrante, ex prefetto di Milano, gli ex direttori dello stabilimento di Taranto, Luigi Capogrosso e Adolfo Buffo, l'ex addetto alle relazioni istituzionali dell'Ilva di Taranto, Girolamo Archiná, il direttore dell'Agenzia regionale per la protezione ambientale della Puglia, Giorgio Assennato, l'assessore all'Ambiente della Regione Puglia, Lorenzo Nicastro, l'ex consigliere regionale della Puglia, oggi deputato di Sel, Nicola Fratoianni, e l'attuale consigliere regionale Donato Pentassuglia del Pd.

Associazione a delinquere finalizzata al disastro ambientale: pesante l'accusa verso i proprietari dell'Ilva, i cosiddetti "fiduciari", ovvero gli uomini dei Riva che costituivano il governo ombra dell'azienda, e i manager aziendali, ex e attuali. Secondo la Procura "in concorso tra loro nella gestione dell'Ilva di Taranto operavano e non impedivano con continuitá e piena consapevolezza una massiva attivitá di sversamento nell'aria-ambiente di sostanze nocive per la salute umana, animale e vegetale, diffondendo tali sostanze nelle aree interne allo stabilimento, nonché rurali ed urbane circostanti lo stesso, in particolare Ipa, benzoapirene, diossine, metalli ed altre polveri nocive, determinando gravissimo pericolo per la salute pubblica e cagionando eventi di malattia e morte nella popolazione residente nei quartieri vicino al siderurgico e ció anche in epoca successiva al provvedimento di sequestro preventivo di tutta l'area a caldo", avvenuta il 26 luglio del 2012.

Vendola è invece accusato di concussione. La Procura gli imputa pressioni sui vertici dell'Arpa Puglia e in particolare sul suo direttore Assennato perché "ammorbidisse" l'azione di controllo verso l'Ilva, mentre il sindaco di Taranto risponde di omissione di atti d'ufficio per non aver dato corso, secondo la Procura, alle denunce fatte da lui stesso ai giudici in merito all'inquinamento causato dall'Ilva. Oltre al disastro ambientale, la Procura chiama in causa alcuni indagati anche per gli infortuni mortali accaduti nei mesi scorsi nel siderurgico. Adesso toccherá al gup fissare la data dell'udienza nella quale si deciderá se rinviare effettivamente a giudizio o meno le persone per le quali la Procura oggi ha chiesto il processo. La Procura, il 30 ottobre scorso, aveva fatto spedire agli indagati gli avvisi di conclusione delle indagini.

L'inchiesta è partita nel 2009 ma ha subìto una vera e propria impennata nel 2012 con l'incidente probatorio davanti al gip Patrizia Todisco, la presentazione di due perizie in cui si evidenziava il pesante impatto dell'inquinamento dell'Ilva sulla salute dei tarantini, quindi i primi arresti e il sequestro senza facoltà d' uso degli impianti dell'area a caldo del siderurgico avvenuti a luglio 2012. Altri arresti e sequestri ci sono poi stati a novembre del 2012 gli ultimi a settembre 2013. In quest'ultimo caso hanno riguardato i cosiddetti "fiduciari" di Riva.

La vicenda Ilva, accanto al percorso giudiziario, è stata, ed è tutt'ora oggetto, di attenzione di Governo e Parlamento. Lo scorso 4 giugno, infatti, il Governo Letta ha commissariato l'Ilva affidandone la responsabilità a Enrico Bondi - coadiuvato dal sub commissario Edo Ronchi -. Il Parlamento, invece, ha varato tre leggi specifiche sull'Ilva di cui l'ultima lo scorso 6 febbraio che prevede tra l'altro l'aumento di capitale da parte del commissario Bondi. Sul piano giudiziario, infine, la Corte di Cassazione, accogliendo i ricorsi delle aziende, nello scorso dicembre ha dissequestrato senza rinvio i beni e i conti del gruppo Riva disposti dal gip Todisco a maggio 2013. Si trattava di un sequestro preventivo da 8,1 miliardi di euro, l'equivalente, secondo il gip, della mancata spesa per investimenti e ammodernamenti del siderurgico di Taranto soprattutto sotto il profilo ambientale.

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