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Dossier Bartali, D’Annunzio e quel Giro «autarchico»

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Dossier | N. 93 articoliIn bici sulle dighe

Bartali, D’Annunzio e quel Giro «autarchico»

Il Giro d’Italia non è mai transitato dalla Val Vestino ma a Gardone Riviera, a pochi chilometri da Gargnano, molti anni fa ha scritto una pagina in cui si sono incrociati i destini di ciclismo, storia e letteratura. Era il 1937, quando la corsa rosa – che vedeva Gino Bartali già leader con un ampio margine – partì da Riva del Garda per arrivare a Gardone Riviera, vicino al Vittoriale di Gabriele D’Annunzio. Nonostante una broncopolmonite risolta solo a fine aprile, il 23enne Ginettaccio si era presentato a quel Giro dominandolo dall’inizio alla fine: fece incetta di tappe, vincendo sul Terminillo, a Foggia e soprattutto sulle Dolomiti con una fuga di oltre 100 km su Passo Rolle e Costalunga fino a Merano. E il giorno dopo, non pago, in maglia rosa arrivò primo anche a Gardone.

In realtà, anche l’anno precedente (quando al Giro non vennero i corridori stranieri, visto che il nostro Paese era stato colpito dalle sanzioni internazionali per la guerra in Abissinia) la corsa rosa fece tappa Gardone Riviera e venne accolta da 21 colpi di cannone per rendere omaggio a D’Annunzio. Costui, per la cronaca, non era per nulla interessato alle biciclette tanto che al termine della tappa del 1936 tenne un discorso sulla sua missione a Fiume senza mai citare le due ruote.

Bartali, per non sbagliarsi, vinse sia il Giro del 1936 che del 1937 per tornare poi a conquistare la corsa rosa, dopo lo stop tra il 1941 e il 1945 per la Seconda Guerra Mondiale, nel 1946. Il conflitto gli negò forse la possibilità di diventare il corridore ad avere vinto più Giri d’Italia nella storia ma gli ha permesso di entrare nella leggenda grazie agli 800 ebrei salvati trasportando documenti falsi nella canna della sua bicicletta. 

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